“Fate finta di nulla, non esistono”. Sarebbe stato questo
l’ordine impartito tre mesi fa dai vertici del ministero del Lavoro e
previdenza sociale (quelli del welfare) ad alcuni che segnalavano
l’incremento per oltre il 30 per cento degli “invisibili”: ovvero dei
cittadini italiani disoccupati non più alla ricerca di un lavoro e
finiti tra i senza fissa dimora. L’agire sarebbe stato anche
perfezionato da intese tra Istat e Welfare, per omettere dai dati
statistici gli “invisibili”, al fine di dimostrare un effettivo calo
della disoccupazione.
Ma il caso del veronese di 62 anni e del vicentino di 53 rimasti
senza lavoro (e senza casa) è saltato agli onori delle cronache in barba
a tutte le pulsioni politiche che chiedevano il silenzio su questi
casi, ormai bollati dalla dirigenza italiana come irrisolvibili. I due
veneti vivono in una tenda (nella foto), a San Zeno in Monte (salita per
Colle San Felice), un posto quasi boschivo. Come loro, circa due
milioni d’italiani si nascondono dentro tende e baracche lungo i corsi
dei fiumi, tra la macchia mediterranea come tra le sterpaglie che
circondano e attraversano le città. Dal Veneto alla Sicilia da Napoli a
Genova passando per Roma, quello degli invisibili italiani senza fissa
dimora rappresenta ormai una schiera in costante aumento.
Storie che hanno come comune denominatore la perdita del lavoro e il
concatenarsi di situazioni avverse create anche da soggetti pubblici
(Agenzia delle entrate, Equitalia, enti locali vari). Quindi lo Stato
concorre a mandarli per strada. Per il sistema sociale sono inseriti
nella “fascia di non ritorno”, anche detta “popolo degli invisibili”. Se
parlate con chi tra loro ha ancora voglia di raccontare il suo vissuto,
vi elencherà le innumerevoli porte sbattute in faccia e, purtroppo,
minacce ed offese ricevute dai dipendenti degli enti pubblici che
avrebbero potuto scongiurare (forse solo in parte) la loro discesa agli
inferi. Desta non poco sconcerto che il livello d’istruzione degli
invisibili sia medio-alto: sempre più laureati vengono quotidianamente
arruolati nell’esercito degli invisibili. Più indagini sociali spiegano
come il basso livello d’istruzione favorisca l’adattarsi ad ogni forma
di lavoro e sopravvivenza, che spesso va dal raccogliticcio al furto di
generi di prima necessità. Di pari passo si sono raddoppiate le denunce
di violenza a pubblico ufficiale da parte di barboni e senza tetto: è
stato dimostrato che i più violenti sarebbero tra i disoccupati
invisibili, recalcitranti verso ogni forma di controllo e indagine da
parte delle forze di polizia. E nei salotti buoni della Capitale c’è già
il dirigente pubblico che invoca soluzioni vittoriane: come nella
Londra di metà Ottocento, dove i poveri arrestati per vagabondaggio
venivano condotti controvoglia in Australia. Solo la crisi a mettere
l’orologio dei diritti indietro di 150 anni? Certamente il benessere
diffuso aveva chetato gli animi anche dei più fervidi assertori del
classismo, adusi comunque a scongiurare l’ascensore sociale. La
riduzione di denaro e speranze ha ravvivato un fuoco mai sedato.
Ovviamente i vertici dello Stato hanno pensato bene di sacrificare ben
due milioni d’invisibili sull’altare della “pace sociale”, consci che
nell’Era della comunicazione sia sufficiente non parlarne per negarne
l’esistenza.
Intanto, circa 21 milioni di contribuenti potrebbero finire in
povertà: si allude agli indebitati a vario titolo con 8.500 enti
creditori che hanno affidato la riscossione ad Equitalia. Per
l’amministratore delegto della società pubblica di riscossione, Ernesto
Maria Ruffini (in audizione in commissione Finanze alla Camera), il 53
per cento degli italiani ha accumulato pendenze che non superano i 1000
euro e il 74 per cento dei contribuenti ha debiti sotto i 5mila euro.
Somme che secondo alcuni vertici dell’Economia sarebbero bastevoli per
tentare una lezione esemplare contro gran parte dei cittadini.
La palla passerebbe ancora una volta alla politica, e all’obbligo di
ottemperare ad alcune norme Ue: ovvero pignorare il bene casa agli
italiani anche per debiti irrisori, e per istillare nel cittadino la
paura di finire per stracci anche per insoluti di piccola entità.
Strategie che ci fanno comprendere come la dirigenza di Stato sia pronta
a un braccio di ferro col popolo, con chi versa in difficoltà
economiche. A questo s’aggiunge che nell’Italietta antisolidarista
serpeggia sempre più il virus della dabbenaggine, al punto che qualche
giustizialista avrebbe bollato come “traffico d’influenza” l’aiuto di
eventuali personalità a chi è in cerca d’occupazione. Quella della
spoliazione degli italiani sembrerebbe una via irreversibile, anche
perché alcuni soloni dell’Unione europea starebbero già sollevando dubbi
sulle modalità di rottamazione delle cartelle Equitalia.
di Ruggiero Capone - 08 aprile 2017
fonte: http://www.opinione.it
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