Inutile fingere che non sia successo niente: questa Pasqua
non sarà come le altre. L’onda dell’orrore per i fatti di Bruxelles non
si è ancora ritratta nel mare d’odio da cui è venuta.
A ragione oggi gli europei si sentono minacciati da un pericolo che
potrà essere anche più forte nel percepito che nel reale, come
sostengono gli irriducibili del pacifismo, ma c’è e bisogna farci i
conti nel quotidiano. È pur vero che i media, per fare audience, ci
mettono del loro. Le immagini di morte, proiettate con ossessiva ed a
tratti morbosa ripetitività, non aiutano. Non si tratta di essere
paranoici ma, mettendo piede in metropolitana o varcando la soglia di un
aeroporto, qualche dubbio che possa accadere qualcosa di brutto viene.
La paura è un sentimento umano, perché negarla? L’importante è saperla
gestire. Con raziocinio. Ed è quello che cercano di fare gli italiani,
anche a dispetto dei tanti stupidi luoghi comuni sull’eccessiva
impulsività emotiva della stirpe mediterranea. Lo dimostrano gli ultimi
sondaggi elaborati dall’Istituto Ixè. Benché il 75 per cento del
campione interpellato confermi di temere l’eventualità di attentati
jihadisti sul suolo italiano, il 90 per cento non intende modificare i
propri progetti per le vacanze pasquali. Ottimo segno.
Di là dai rischi, sempre presenti nel vivere questo tempo storico, i
nostri concittadini tengono ferma la barra sul corso ordinato delle
proprie esistenze. Questo è il modo migliore per sconfiggere il nemico.
Se nell’armamentario degli uomini della jihad vi è la diffusione della
paura come strumento di lotta alla civiltà occidentale, almeno con
l’Italia cascano male. Le bombe fanno malissimo: dilaniano corpi,
distruggono vite, annientano speranze, ma non bastano a renderci schiavi
di noi stessi. Si può morire nel peggiore dei modi prendendo un aereo o
viaggiando su un treno, nondimeno si può fare una brutta fine
attraversando un incrocio, tranciati di netto da un auto guidata da un
criminale imbottito di alcool o di droga. Allora che si fa? Non si esce
più di casa perché ci sono in giro troppi pirati della strada? Lo dice
il sondaggio: un italiano sale ugualmente sul pullman che lo porterà al
mare o in montagna, anche se ha la consapevolezza che al volante di quel
mezzo vi possa essere un incosciente come quello che la scorsa
settimana ha portato a morire su un’anonima strada della Catalogna sette
nostre meravigliose, incolpevoli ragazze.
Per la questione dell’immigrazione incontrollata vale lo stesso
discorso. Se Parigi prima e Bruxelles oggi hanno scoperto di avere il
nemico costruito in casa è perché, negli anni delle maggiori ondate
migratorie, hanno consentito che si creassero le isole franche degli
allogeni, le banlieue e le Molenbeek, da cui gli autoctoni sono fuggiti
per lasciare che i nuovi arrivati le egemonizzassero. Da noi non deve
ripetersi il medesimo tragico errore. Non bisogna permettere che le
tante “Torpignattara” d’Italia vengano abbandonate agli stranieri. Che
la cultura, la lingua e le tradizioni italiane non scompaiano da quei
luoghi per darla vinta alle altrui identità. Se ciò accadesse, e dio non
voglia, tra qualche anno ci troveremmo anche noi a fare i conti con un
mondo ostile cresciuto e proliferato nel nostro ventre.
Per quanto sia facile dirlo, meno praticarlo, gli italiani devono
resistere nei territori dove sono nati e hanno radicato le loro storie
personali e familiari. La questione è banalmente numerica: fin quando vi
sarà una comunità che si preserverà largamente maggioritaria in un
contesto ambientale, non si correranno seri pericoli. Se, invece,
cederemo spazi urbani o territori periferici agli allogeni non vi sarà
intelligence che tenga per evitarci il peggio. Il sacro diritto alla
proprietà, che la nostra Carta fondamentale tutela e garantisce, non
deve riguardare solo la casa o l’automobile ma anche la nostra Patria.
Si chiama Italia e non è in vendita. A nessuno.
di Cristofaro Sola - 26 marzo 2016
fonte: http://www.opinione.it
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