Mentre chi governa riempie la scena con una surreale campagna
contro la presunta austerità europea, vera arma di distrazione di
massa, gli osservatori laici di questo disgraziato Paese cercano di
portare alla luce il disastro finanziario che si cela dietro
l’insopportabile propaganda renziana. Un disastro che, conti alla mano,
forse spiega più di qualunque altra considerazione l’evidente
irrigidimento di Bruxelles nei confronti di un Esecutivo che di questo
passo, come si suol dire, sarà costretto a portare i libri in Tribunale.
A tal proposito - dati quasi del tutto snobbati dalla stampa
nazionale - circola da qualche settimana un raccapricciante studio della
Banca d’Italia, ripreso con dovizia di particolari in un comunicato di
Unimpresa, secondo cui nei primi 10 mesi del 2015, in piena Era del
cambiamento di verso renzista, sia la spesa dello Stato centrale e sia
le relative imposte sono cresciute in modo catastrofico. In particolare
la prima è lievitata dell’11,21 per cento, passando da 356 a 396
miliardi; mentre le entrate tributarie sono aumentate di quasi 12
miliardi in un lasso di tempo così breve e malgrado la raffica di balle
rassicuranti espresse in ogni dove dal premier toscano. Tant’è che lo
stesso presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, ha così commentato: “I
numeri non mentono mai e quelli che diffondiamo oggi ci dicono che il
Governo ci prende in giro: sono chiacchiere quelle sulla cosiddetta
spending review e sono chiacchiere pure quelle sulla sforbiciata al
prelievo fiscale. Tante promesse, molti annunci e zero fatti concreti”.
Parole sacrosante espresse nei confronti di un personaggio il quale,
dopo decenni di disastri sul piano dei conti pubblici, aveva suscitato
moltissime aspettative anche sul fronte di un sempre più necessario
risanamento di questi ultimi. E invece, come rileva amaramente
Longobardi, ci troviamo al cospetto di una colossale presa per i
fondelli messa in atto da un signorino soddisfatto che con le
sciocchezze che propala riesce farci camminare i treni.
Sta di fatto che il Paese, nonostante 40 miliardi di spesa dello
Stato in soli 10 mesi, a cui vanno poi sommati gli incrementi delle
altre amministrazioni, ha chiuso il 2015 con uno striminzito più 0,6 per
cento del Prodotto interno lordo. Ciò pone una pietra tombale sul
keynesismo d’accatto degli illusionisti al potere. La strada lastricata
di pasti gratis, di altre tasse e di buone intenzioni percorsa da Matteo
Renzi ci sta conducendo verso l’inferno.
di Claudio Romiti - 23 febbraio 2016
fonte: http://www.opinione.it
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