La verità dell’ex ministro Terzi: "Nel 2012 sarebbero dovuti restare in Italia Ma il governo si fece sentire con la Procura di Roma per rimandarli in India"
Alcuni esponenti del governo Monti avrebbero fatto «moral suasion»
sulla procura di Roma per evitare che trattenesse in Italia i marò
all’epoca del loro rientro in Italia nel dicembre 2012. È un retroscena
esplosivo quello consegnato dall’ambasciatore Giulio Terzi a Radio Radicale , nel corso della trasmissione «Cittadini in divisa» che sarà trasmessa stasera. Parole che conferma anche a Il Tempo .
Mentre il caso dei fucilieri di marina italiani, in attesa delle
decisioni del tribunale arbitrale dell’Aja che dovrà sancire a chi
spetta la giurisdizione tra l’India e il nostro Paese, sembra scivolato
nel dimenticatoio, l’ex ministro degli Esteri torna a chiedere una
commissione d’inchiesta parlamentare sulla vicenda e di essere ascoltato
dal Copasir. Perché siano attribuite finalmente e in modo ufficiale
tutte le quote di responsabilità per la giravolta di tre anni fa, quando
il governo dei tecnici decise di rispedire in India i due militari.
Ambasciatore Terzi, qual è il punto sulla situazione dei marò?
«Il quadro è cambiato radicalmente lo scorso agosto con la discussione
dell’arbitrato internazionale e la richiesta italiana di sottrarre alla
giurisdizione indiana Latorre e Girone. Sono emerse delle prove, nella
stessa documentazione prodotta dall’India su diversi aspetti tra cui le
perizie balistiche e le autopsie sui pescatori, che dimostrano la loro
innocenza. Di fronte a questa realtà il governo avrebbe dovuto sin dal
primo giorno dopo Amburgo ribadire in ogni opportuna sede una semplice
frase: sono innocenti e li vogliamo indietro. Invece assistiamo a
un’inerzia inspiegabile, che non riguarda solo l’esecutivo».
A cosa si riferisce?
«È inspiegabile che organi di monitoraggio parlamentare, comitati che
sorvegliano e rispondono all’esigenza democratica di vedere cosa accade
nell’ambito dell’intelligence, non acquisiscano la documentazione, che
il pubblico non possa essere sicuro che la documentazione venga
acquisita».
Si riferisce al Copasir?
«Lo ha menzionato lei. Ho la netta sensazione, raccolta anche
direttamente, che addirittura non siano neanche state acquisite in certi
ambiti istituzionali parlamentari le prove che sono state pubblicate
apertamente lo scorso agosto da alcuni organi di informazione. Penso al
documento fatto circolare dal ministero della Giustizia
sull’impossibilità costituzionale di mandare indietro i fucilieri di
marina per conto del Guardasigilli dell’epoca. O la mail del consigliere
politico del Quirinale Stefanini che garantiva sull’opinione del
presidente Napolitano favorevole a che restassero in Italia».
Perché questa documentazione non sarebbe stata acquisita in sede parlamentare?
«Io non vedo nessun motivo se non quello di coprire alcuni scheletri
nell’armadio di personalità politiche e di governo che hanno voluto
rimandare i nostri fucilieri di marina in India per considerazioni che
sono intuibili, legate agli affari e agli interessi economici ma che non
appartengono a una buona conduzione della politica estera e di
sicurezza del nostro Paese».
La magistratura italiana, quella militare e quella ordinaria, aveva
aperto dei fascicoli sui marò. Perché non furono trattenuti in Italia
con un provvedimento cautelare?
«Per entrambi i procedimenti già dal settembre-ottobre del 2012 erano
state inviate delle rogatorie alle autorità indiane perché producessero
le prove che sarebbero dovute servire anche per l’indagine in Italia e a
cui l’India non si era mai peritata di rispondere. Poi i fucilieri di
marina tornarono in Italia per la licenza natalizia, e prima scadesse io
inviai una circostanziata lettera al presidente del Consiglio e ai
ministri coinvolti nella gestione diretta di questa vicenda affinché si
potesse - come era stato fatto in altri casi altrettanto delicati -
esercitare da parte del governo una sorta di moral suasion nei confronti
della magistratura inquirente. Ho la sensazione, qualcosa di più anzi
di una sensazione, che questa operazione di moral suasion sia stata
effettuata sì, ma all’incontrario».
Cosa avrebbe dovuto fare la magistratura che non ha fatto?
«Secondo l’opinione dei giuristi che avevo consultato all’epoca avrebbe
sicuramente potuto proseguire l’indagine sulla base dell’apertura del
fascicolo e adottare delle misure di controllo dei movimenti delle
persone che erano indagate».
Queste cose lei è pronto a spiegarle e a provarle nelle sedi opportune?
«Io vorrei che si aprisse un’indagine nelle sedi competenti, magari il
Copasir, ancor meglio nelle sedi dove possa esserci una conoscenza da
parte del pubblico, perché poi se tutto viene secretato con i sistemi
che sappiamo ho i miei dubbi sull’efficacia di questa operazione ancor
di più in presenza di un mondo dell’informazione che sappiamo molto
sensibile alle influenze dei poteri in carica. Se ci fosse una curiosità
seria, legittima e doverosa da parte organismi parlamentari su quello
che è avvenuto realmente nelle diverse fasi di questa vicenda potrebbero
essere ascoltati il sottoscritto, ma anche altri principali attori
dell’epoca e anche di adesso».
Vuole che si indaghi anche sull’operato dell'attuale governo?
«Certo. Non dimentichiamoci che il 18 dicembre il collegio arbitrale
costituito da 5 giudici si dovrà esprimere sulle ragioni di urgenza che
richiedono un allontanamento dalla giurisdizione indiana dei due
fucilieri di marina».
Cosa può accadere?
«Se noi non dimostriamo una chiarezza di convincimento sulla loro
assoluta innocenza ed estraneità ai fatti, se non manifestiamo in modo
sufficientemente vigoroso la posizione dell’Italia, e diamo la
sensazione che qualsiasi cosa ci va bene, se continuiamo a mantenere un
profilo bassissimo su questa vicenda di cui più nessuno sta parlando, ho
grossi timori su quello che i giudici arbitrali potranno decidere».
Martino Villosio - 7 dicembre 2015
Martino Villosio - 7 dicembre 2015
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