Vado
ancora una volta controcorrente. Molti editorialisti spiegano il
trionfo di Marine Le Pen evocando le solite argomentazioni: parlano di
una destra ovviamente populista, di risposta agli attacchi terroristici
dell’Isis, di errori della destra gollista e della sinistra socialista.
Pochi arrivano al punto.
Mi spiego: il Fronte Nazionale di Marine Le Pen non può essere
liquidato come “populista” e tanto meno razzista per la semplice ragione
che non è più il Fronte nazionale del padre, ma un partito diverso, che
nei toni non si pone più all’estremità dello schieramento politico, ma
si propone come erede del gollismo e dei valori più autentici della
République. E’ diventato – o sta diventando – una grande formazione di
centrodestra, capace di parlare a un elettorato trasversale, che parte
dalla base più sciovinista, passa per la piccola e media borghesia e
giunge persino a sedurre alcune fasce della sinistra moderata, oltre che
– come accade già da tempo – le periferie delle grandi città che hanno
subito per primi l’impatto con l’onda migratoria. Occupa uno spazio che
sia il centrodestra sia il centrosinistra tradizionali hanno abbandonato
o meglio hanno presidiato solo verbalmente, perdendo credibilità per
l’evidente contraddizione tra la retorica ufficiale e il comportamento
dei loro politici, che hanno guidato la Francia negli ultimi anni e che
hanno fatto sovente il contrario di quel che avevano promesso, generando
smarrimento e alla fine sfiducia.
Il fattore Isis non è stato decisivo, anzi poterebbe aver limitato la
corsa della Le Pen per la semplice ragione che in ogni Paese di fronte
ad attacchi terroristici gli elettori tendono a unirsi attorno alle
istituzioni. E’ avvenuto negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, più
recentemente ad Ankara dopo l’attentato ai manifestanti pacifisti che ha
spalancato le porte alla vittoria di Erdogan. Se domenica i francesi
avessero votato per le politiche, il Fronte Nazionale avrebbe ottenuto
meno consensi, il fatto che si siano recati alle urne per le regionali
ha attenuato questo effetto. Di certo la vittoria del Fronte Nazionale
non è attribuibile al terrorismo.
Marine Le Pen ha vinto perché è stata l’unica ad aver interpretato
correttamente il profondo disagio che attraversa la società francese, un
malessere al contempo economico, sociale, identitario e per averne
chiaramente indicato la fonte: è l’Unione Europea che con le sue norme
astruse paralizza l’economia, è il rigore imposto in difesa dell’euro
che carica di tasse i cittadini, smantella lo stato sociale e scoraggia
le imprese, è l’arroganza della Germania che anziché adoperarsi per
correggere gli squilibri industriali e commerciali di cui è l’unica
beneficiaria fa di tutto per protrarli all’infinito. E’ lo smarrimento
per il comportamento di un Occidente, guidato dalla Casa Bianca, che non
difende più la stabilità ma promuove inutili e pericolosissime tensioni
alle porte dell’Europa, con la Russia di Putin e nel Vicino Oriente e
che genera fenomeni destabilizzanti come la migrazione di massa,
diventando ostaggio di un partner irresponsabile ed estremista come la
Turchia di Erdogan.
E’ la continua erosione della sovranità di un Paese che non ha più la facoltà di essere padrone del proprio destino ed è costretto a subire il continuo depauperamento del proprio sistema economico e sociale.
E’ la continua erosione della sovranità di un Paese che non ha più la facoltà di essere padrone del proprio destino ed è costretto a subire il continuo depauperamento del proprio sistema economico e sociale.
Gli altri partiti non possono affrontare di petto queste tematiche
poiché sono legati esplicitamente o implicitamente all’establishment
internazionale che governa male, anzi malissimo, l’Europa. Marine Le
Pen, invece, rifiuta l’abbraccio con quelle élite, parla chiaro,
rassicura l’elettorato distanziandosi dal vecchio Fronte Nazionale e
oggi, benché il processo di conversione del suo partito non sia ancora
concluso, vince.
Marcello Foa - 7 dicembre 2015
fonte: http://blog.ilgiornale.it
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