All’indomani
del voto del 4 marzo nessuno si è posto il problema. E nei quasi cento
giorni di crisi in cui si è sviluppata la difficile gestazione del
governo giallo-verde, la disattenzione per il problema è stata
altrettanto forte. Ma oggi che la fase tumultuosa della nascita della
nuova e inedita maggioranza si è conclusa, è interessante sollevare
l’interrogativo fino ad ora dimenticato. Ma quanto ha pesato e pesa
sulla politica italiana la Chiesa cattolica?
Non si tratta di una questione peregrina. Perché Vaticano e gerarchie
ecclesiastiche hanno sempre rappresentato un fattore importante per le
vicende politiche nazionali. Non c’è bisogno di ricordare come dalla
nascita dello Stato unitario al secondo dopoguerra il peso della Chiesa
sia stato sempre e comunque determinante per l’Italia. Dalla questione
romana al Patto Gentiloni, dal Concordato alla Costituzione, dal partito
unico dei cattolici al condizionamento continuo e costante dei due poli
antagonisti della Seconda Repubblica, non c’è stata fase della politica
nazionale che non sia stata segnata dalla presenza determinante del
mondo cattolico.
E ora? Nel Patto di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle non
esiste alcun paragrafo in cui venga citata in qualche modo la Chiesa e
il suo mondo. Nelle illustrazioni al Senato e alla Camera del suo
programma di governo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha
seguito la traccia del testo del Patto e ha ignorato totalmente il
“fattore Chiesa”. E se ci si chiede se e quanto questo fattore possa
aver influito sul risultato elettorale, sugli assetti politici che ne
sono seguiti e su quanto possa pesare sul futuro della politica
italiana, la risposta è automatica. Poco o nulla. Mai come in questo
momento storico la Chiesa sembra essere separata dalle vicende politiche
nazionali e, di fatto, del tutto ininfluente.
È un bene? È un male? Ognuno può dare la risposta che preferisce agli
interrogativi. Ma è certo che quel punto di riferimento, positivo o
negativo che fosse, esistito per secoli nella società italiana non c’è
più.
È il frutto della globalizzazione della Chiesa di Papa Francesco? O,
più semplicemente, della laicizzazione definitiva del nostro Paese?
Nell’epoca delle semplificazioni via Twitter la questione sembra inutile
e artificiosa. Ma con le semplificazioni si fa la cronaca, non la
storia!
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