Il
ministro (nonché vicepresidente del Consiglio e leader della Lega)
Matteo Salvini in questi giorni ha causato, suo malgrado, la rottura di
migliaia di amicizie, per lo meno su Facebook. Ci stiamo scannando fra
noi per una questione che riguarda il rapporto tra il governo e le
istituzioni internazionali. Certamente rientra anche nel buon senso;
tuttavia non significa che la ragione o il torto siano entrambi da una
sola parte. Non entro nel merito se si debba e come accogliere i
migranti stipati in nave, ora in un limbo senza senso. Me li immagino
con i giubbotti di salvataggio addosso, seduti o sdraiati, sotto le luci
al neon che creano una situazione di semioscurità. Si staranno
chiedendo come mai sono ancora in mezzo al mare. La musica forse è
cambiata, forse no; siamo in attesa di capire se ci sia una svolta
programmatica oppure se si tratti dell’ennesima campagna elettorale, a
spese degli italiani e della salute dei migranti. Come facciamo a
saperlo? Semplice, bisogna chiedersi, e capire: cosa accadrà quando
avremo decine di navi cariche di immigrati, in fila come in tangenziale?
Per settimane, forse per mesi, resteranno in acqua. Ci saranno morti,
malati, si aprirà un caso internazionale in cui gli sciacalli di turno
si abbufferanno della carcassa del governo neoeletto. Se il suddetto ha
intenzione veramente di imporre una nuova linea per la risoluzione della
sicurezza nazionale, in questo caso legata ai confini e
all’immigrazione illegale, deve necessariamente ridefinire i compiti,
gli obblighi e le norme legate alle Organizzazioni non governative (Ong)
che si occupato dei salvataggi in mare e che, in pratica, prendono, non
si sa bene come e da chi, i clandestini, si presentano in acque
nazionali e pretendono che l’Italia se ne faccia carico, iniziando la
filiera dell’assistenza.
Dobbiamo capire se si vuol continuare ad “appaltare” questa pratica
umanitaria a soggetti privati, oppure se debba farsene carico soltanto
lo Stato. A nulla varrà la chiusura dei porti e i respingimenti se le
Ong continueranno a lavorare come fanno ora. È la nostra una grave
situazione umanitaria che necessita di un nuovo approccio, ben definito e
riconosciuto valido da tutti i soggetti, politici e non, senza alcuna
interpretazione. Sicuramente qualcuno si opporrà a una ridefinizione dei
compiti delle Ong, perfino a una possibile abolizione del loro operato
nel suddetto campo di aiuti. Bisogna capire se, per lor signori, vale
più la vita di un migrante o un ricco bonifico a fine mese. Non
dimentichiamo, infatti, che nessuno fa qualcosa solo perché spinto dai
buoni sentimenti e che senza soldi non solo non si canta la messa, ma
nemmeno parte la nave.
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