Il premier canadese Justin Trudeau sostiene la causa islamista da nove anni rifiutandosi di dialogare con i musulmani riformisti.
Forse sono stati più inquietanti i commenti espressi da Trudeau nel corso di una riunione di gruppi islamisti di facciata, asserendo di condividere le loro convinzioni, i loro valori e la loro visione comune.
Il Canada non potrà appellarsi all'ignoranza o all'incapacità di fronte alle accuse di complicità mosse dalle future vittime di terrorismo americane.
Il primo ministro canadese Justin Trudeau sostiene la causa islamista
da nove anni rifiutandosi di dialogare con i musulmani riformisti.
Riguardo ai combattenti dell'Isis che fanno ritorno in Canada, Trudeau
ha affermato che saranno una "potente voce per la deradicalizzazione" e coloro che si oppongono al loro rientro sono "islamofobi.
Inoltre, il governo canadese non fornisce i nomi dei combattenti dello
Stato islamico che fanno ritorno nel paese alla commissione delle
Nazioni Unite incaricata di aggiornare la lista dei jihadisti internazionali.
Molti canadesi (e altri)
iniziano a credere che la posizione del premier Trudeau
sull'integrazione e la deradicalizzazione dei combattenti dell'Isis sia
irragionevole, se non illusoria. Il "Centro canadese di impegno comunitario e di prevenzione della violenza" non ha alcun leader
né ha un centro di deradicalizzazione. Sembra inoltre che non abbia
messo a punto dei piani per un programma che potrebbe operare
all'interno o all'esterno del governo. Non è chiaro poi se la
legislazione canadese potrebbe costringere un combattente dell'Isis che
fa ritorno nel paese a frequentare un programma del genere, anche se
esistesse davvero. In Francia, un programma simile sponsorizzato dal
governo è stato un fallimento.
Il
premier canadese Justin Trudeau sostiene la causa islamista da nove
anni rifiutandosi di dialogare con i musulmani riformisti. (Foto di Matt
Cardy/Getty Images)
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Il Canada ha inoltre assunto una posizione poco chiara
riguardo all'arresto dei combattenti dell'Isis di ritorno dall'Iraq e
dalla Siria, e in pochi finora ne hanno affrontato le conseguenze. Il
numero dei combattenti dello Stato islamico che sono tornati in Canada è
impreciso. Secondo le stime del 2015, ne sono rientrati una sessantina. Il governo canadese ha cercato di dire che il loro numero è rimasto inalterato dal 2015, nonostante il crollo quasi totale dell'Isis negli ultimi mesi.
I precedenti commenti del premier Trudeau sulla necessità che i
politici adottino una posizione di "neutralità responsabile" in merito a
questioni come le violenze domestiche e le mutilazioni genitali
femminili rendono le sue attuali posizioni sui gruppi islamisti ancor
più difficili. Forse sono stati più inquietanti i commenti espressi da
Trudeau nel corso di una riunione di gruppi islamisti di facciata,
asserendo di condividere le loro convinzioni, i loro valori e la loro
visione comune. A questo si aggiunge una sua intervista del 2014 –
quando era parlamentare – al quotidiano di Montreal Sada al-Mashrek.
Questo giornale è notoriamente khomeinista e filo-iraniano (così come
filo-Hezbollah). In questa intervista, Trudeau dichiarava di avere un
programma speciale sull'immigrazione più aperto ai "musulmani e agli
arabi".
Il grado di diffusione dell'estremismo islamista in Canada può essere
dimostrato dal numero di combattenti che si sono uniti all'Isis.
Secondo il Soufan Center, sono 180 i canadesi che si sono recati all'estero per andare a combattere
per "gruppi terroristici" (Isis) in Iraq e in Siria, a fronte di 129
americani che hanno fatto la stessa cosa. Dato che la popolazione
americana è circa dieci volte quella del Canada, il numero degli
americani avrebbe dovuto essere prossimo ai 1.800 piuttosto che ai 129
segnalati.
La posizione del premier canadese sugli islamisti dovrebbe
preoccupare tanto i suoi connazionali quanto gli americani. Se la storia
dei rapporti tra Canada e Stati Uniti è ampiamente positiva, gli
attacchi islamisti contro l'America sono stati orditi in Canada. Fra i
tentati attacchi terroristici figurano l'attentato progettato da Ahmed Ressam nel 1999, l'attacco preparato da Chiheb Esseghaier nel 2013 e quello pianificato da Abdulrahman El Bahnasawy che avrebbe dovuto colpire New York nel 2016.
Oltre al sostegno offerto agli islamisti, il premier Trudeau sembra
essersi riavvicinato a Teheran dopo che il precedente primo ministro
canadese (Stephen Harper) aveva chiuso l'ambasciata dell'Iran in Canada ed espulso tutti i suoi diplomatici. Durante le elezioni federali del 2015, Trudeau disse
che sperava che il Canada "sarebbe stato in grado di riaprire la sua
missione" ed era "piuttosto sicuro della possibilità di riallacciare le
relazioni diplomatiche". I progressi finora compiuti non sono stati
uniformi, ma i colloqui sembrano continuare.
Il sostegno del primo ministro Trudeau alla causa islamista è stato
costante fin dalla sua elezione a deputato nel 2008. Questa posizione
sembra essersi rafforzata da quando è diventato premier nel 2015. Oltre
alla sua posizione, il Partito liberale canadese ha un problema entrista
poiché è stato preso di mira da gruppi islamisti.
Sfortunatamente per tutti gli interessati, l'ideologia islamista
globale sta crescendo e con essa i suoi problemi relativi allo scontro,
all'oppressione e alla violenza. Il Canada sembra fare ben poco per
affrontare questi problemi, accogliendo coloro che costituiscono la base
ideologica del problema. Il Canada non potrà appellarsi all'ignoranza o
all'incapacità di fronte alle accuse di complicità mosse dalle future
vittime di terrorismo americane. Il prezzo della sottomissione del
Canada agli islamisti potrebbe essere davvero alto.
Tom Quiggin è un ex ufficiale dell'intelligence militare, un ex intelligence contractor della Royal Canadian Mounted Police e un esperto di terrorismo jihadista nei tribunali federali e penali del Canada. Gran parte del materiale di questo articolo proviene dal suo libro di recente pubblicazione SUBMISSION: The Danger of Political Islam to Canada – With a Warning to America, scritto insieme a Tahir Gora, Saied Shoaaib, Jonathon Cotler e Rick Gill, con la prefazione di Raheel Raza.
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