Parliamoci chiaro. Quella che è andata in scena ieri davanti alla
Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, guidata da Pier Ferdinando Casini, è una giornata a dir poco decisiva. In audizione sono sfilati i pm milanesi Giordano Baggio e Stefano Civardi,
titolari dell’inchiesta sul crac del Monte Paschi. E i collegamenti
offerti dai due magistrati ai parlamentari non fanno altro che far
riaffiorare il sospetto di una maxi tangente dietro all’onerosissimo
acquisto di Antonveneta da parte di Rocca Salimbeni, che sborsò 9
miliardi (17 compresi i debiti) con tanto di autorizzazione da parte di Mario Draghi,
all’epoca Governatore di Bankitalia. Il bello è che il sospetto della
maxi tangente è rispuntato fuori quando Baggio ha parlato di manager Mps
che negli anni hanno “scudato” ingentissime somme di denaro. Una
rivelazione che descrive di fatto la possibile catena degli eventi. “I
processi sono in corso, quindi non c’è un accertamento giudiziario
definitivo”, ha premesso il pm di Milano, puntualizzando che il
fascicolo è stato aperto dopo “esposti anonimi indirizzati alla Consob
nel 2011” che parlavano appunto di “alcuni manager che sulle operazioni
facevano delle creste e avevano un interesse privato”. Creste, interesse
privato. Che vuol dire di preciso?
Il passaggio – E’ sempre Baggio a spiegarlo, subito
dopo. “Nel febbraio del 2013”, ha aggiunto, “sia la Procura di Milano
che quella di Siena effettuano insieme un sequestro a carico, in parte,
dei gestori del broker di Enigma”. In pratica “era emerso che questi
gestori di Enigma avevano dei fondi scudati e che alcuni dirigenti Mps
avevano scudato delle somme rilevanti”. Scudare, tanto per chiarirci,
significa fare riferimento allo scudo fiscale, una specie di condono,
per riportare in Italia soldi che si trovano all’estero. “I colleghi di
Siena”, ha proseguito il pm, “accerteranno inoltre che proprio i gestori
di questo broker, in sostanza, di concerto con Mps, avevano aperto una
serie di conti correnti in giurisdizioni offshore, gestiti attraverso
San Marino, che erano approdati presso banche di Singapore”. Ma chi
diavolo erano questi manager? “Un nome importante”, si è limitato a dire
Baggio, “era quello di Gianluca Baldassarri, capo dell’area finanza di
Mps: era emerso che aveva scudato somme per 17,8 milioni di euro”.
A questo punto, però, la domanda è: da dove veniva questa montagna di
soldi parcheggiata all’estero e riportata in Italia con lo scudo? E’
qui che è intervenuto l’altro pm, Civardi. Il quale ha esordito dicendo
che nel 2014, quando la procura ha cominciato a mettere a fuoco le
magagne, non si poteva indagare per corruzione perché “si persegue per
querela di parte e si prescrive in sei anni”. Si è trattato, ha
sottolineato riferendosi all’operazione Antonveneta, di un’operazione di
acquisto “infelice, a scatola chiusa ed esiziale”. Ma quanto alla
presunta tangente “di fatto elementi specifici non ne sono emersi”. Ma
ciò che i pm hanno raccontato portano proprio a rialimentare quel
sospetto.
di Stefano Sansonetti - 15 novembre 2017
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