La
scenetta televisiva che qualche sera fa ha coinvolto Nicola Porro,
ospite di Corrado Formigli a “Piazza Pulita” su La7, non è altro che la
conferma di come il mondo della sinistra radical chic intenda la
democrazia. Oltretutto, di situazioni analoghe di qui al voto, quando
sarà, ne vedremo tante, perché l’informazione, dalla Rai a La7 fino a
Sky, in barba alla par condicio, è schierata contro il centrodestra.
Del resto è diventata prassi nei talk-show invitare tre o quattro
personaggi di cui, quasi sempre, uno solo è orientato diversamente dal
centrosinistra. Non è casuale e, anche se non c’è un protocollo scritto
nel mondo dell’informazione non solo televisiva, fanno così di continuo:
uno del centrodestra contro tutti gli altri radical chic. Lo fanno,
praticamente, da sempre. Perché storicamente il mondo della cultura,
dello spettacolo, del giornalismo, sta a sinistra. Ovviamente, non è un
caso che sia così, come non è un caso che la corrente maggioritaria in
magistratura sia quella di sinistra, al pari della scuola e
dell’università.
Insomma, in Italia la gran parte del mondo che può orientare
l’opinione pubblica, determinare fatti politici, influenzare il pensiero
della gente, è, sostanzialmente, schierata a sinistra. Sia chiaro,
nulla di abusivo, anzi, si tratta di un lungo percorso studiato a
tavolino che nasce da lontano e in qualche modo coincide con l’essenza
cattocomunista della nostra Costituzione. In fondo, dalla nascita della
Repubblica in poi, la storia è stata scritta a sinistra, raccontata a
sinistra, per non parlare di quello che è successo dal 1968 in avanti
nella società. Nella stessa magistratura, a pensarci bene, ci si accorge
che, forse, non fu per caso che Palmiro Togliatti nel 1946, volle
fermamente il ministero di Grazia e Giustizia.
Insomma, l’Italia è cresciuta per decenni nella morsa culturale
cattocomunista. Fra Dc e Pci c’è stata una sorta di spartizione delle
aree d’influenza politiche, culturali, economiche e sociali. Con la
caduta del comunismo e del muro di Berlino si è compiuta poi la più
scaltra operazione di sincretismo possibile. Due posizioni solo
apparentemente antagoniste, democristiana e comunista, si sono andate
progressivamente fondendo in un solo partito, una sola area di
riferimento, una sola riva di pensiero, quella radical chic. I comunisti
dovevano scrollarsi di dosso la catastrofe dell’Est, i democristiani
quella di una gestione della cosa pubblica opaca, obliqua, affaristica.
Ecco perché assieme a Tangentopoli nasce in Italia un apparentemente
nuovo modello di centrosinistra, di cattocomunismo, di progressismo
radical chic in grado di permeare ogni ganglio del sistema.
Informazione, giornali, scuola, università, sindacato, grandi imprese
pubbliche e private, burocrazia e quant’altro, tutto orientato e
schierato contro il centrodestra. Un fronte compatto che, in nome di una
falsa democrazia, della superiorità morale, di una pseudo libertà di
pensiero, si è sempre scagliato con una veemenza inaudita contro
chiunque non la pensasse così. I radical chic, infatti, non avendo
argomenti, con arroganza e prepotenza si rifugiano sempre nell’offesa e
nell’insulto dell’altrui pensiero. Da quando poi l’invenzione geniale di
Silvio Berlusconi portò il centrodestra alla vittoria contro la
“gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, apriti cielo.
Nell’armamentario dei radical chic sono rientrati, a tutta voce, il
pericolo fascista, razzista, illiberale, estremista di destra, pericolo
democratico, insomma l’olio di ricino dietro l’angolo. In buona
sostanza, da quando nel Paese si è affacciata l’ipotesi che un’altra
democrazia fosse possibile, liberale, laica repubblicana, democratica e
alternativa, è partito l’appello a sotterrarla e soffocarla. È come se,
in un ordine non scritto ma compiuto, fosse scattato l’incipit a
togliere voce, spazio, tribuna a tutto ciò che non fosse in linea con il
radical chic pensiero. Tivù, grandi testate, conferenze, salotti, tutti
ad avventarsi contro chi non fosse allineato. È il loro modo di essere
democratici, di predicare la libertà e il primato del diritto, dare del
fascista, del manganellatore, dell’estremista pericoloso a chiunque non
sia in sintonia con la rive gauche.
Ecco perché a Nicola Porro è capitato quel che abbiamo visto, né più
né meno di quello che succede nella stragrande parte dei talk-show, alla
faccia della par condicio e della pari dignità democratica. Ecco perché
bisogna tenere alta e ferma la voce e il pensiero di centrodestra senza
timori e senza titubanze, ovunque. Ecco perché non bisogna demordere
nell’affermare sempre che la democrazia si chiama così anche quando non
sta a sinistra e che forse la vera minaccia viene proprio dal pensiero
unico radical chic che non accetta antagonismi. Ecco perché la prossima
sarà una lunga campagna elettorale dove i cattocomunisti non daranno
spazio e tregua, ma in fondo per i liberali e i democratici veri è
proprio questo il sale della libertà e della democrazia.
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