Il
G7 di Taormina è stato un flop. Non c’è sintonia tra le potenze
economiche occidentali. L’America di Donald Trump balla da sola. Perché
negarlo? I capi, impegnati nel frusto rito degli inutili meeting
semi-planetari, sono pur sempre portatori di concreti interessi
nazionali. Come biasimarli. È naturale che ciascun player punti a
migliorare le performance produttive del proprio Paese e a rafforzarne
il peso strategico sullo scacchiere globale. Ora, Trump sarà pure rozzo e
antipatico ma sa fare gli interessi della sua nazione. Il dato politico
rilevante di Taormina è che il presidente Usa ha maltrattato la signora
Angela Merkel. Non è questione di galateo. La Germania trae ricchezza
da un’economia ingorda che pensa solo a stessa e lo fa a discapito degli
altri. Trump, appena insediato alla Casa Bianca, è inciampato in un
dossier che non poteva ignorare.
Troppo forte il deficit commerciale tra il suo Paese e la Germania.
Un gap che, ai fini della ripresa economica Usa, richiede un
riequilibrio della bilancia commerciale non più differibile. Da qui la
pressione di Washington sul governo tedesco. Pressione, però, non
gradita ad Angela Merkel che aveva pensato, sbagliando, di poter
instaurare con il nuovo inquilino della Casa Bianca il medesimo rapporto
di disparità che intrattiene con i governi dei Paesi dell’Eurozona.
Sono anni, infatti, che Berlino dà lezioni a tutti di rigore finanziario
ma si rifiuta di rispettare le regole sul surplus commerciale nei
rapporti di scambio con i partner europei. Ma con Trump è cascata male.
Già c’era stato un primo assaggio del cambio di clima nei rapporti con
l’alleato statunitense nel corso della sua visita ufficiale a
Washington: quella stretta di mano che “The Donald” le ha negato in
diretta televisiva, era tutto un programma.
A Taormina “Angela” ha provato a spacciarsi per il dominus
dell’intero blocco europeo continentale ma “Donald” non ha abboccato.
Nell’orizzonte politico del leader americano c’è la fine del
multipolarismo, la rinascita della prassi negoziale bilaterale con i
singoli interlocutori nazionali e, con l’Europa, non certo il braccio di
ferro con un solo uomo/donna-al-comando che parla per tutti. La
delusione per il flop di Taormina è stata giustificata con il
ripensamento americano sul rispetto degli accordi sul clima stipulati a
Parigi. Non è che la cosa non conti, ma è solo la foglia di fico dietro
la quale si nasconde un mutamento imminente degli equilibri geopolitici
globali. Il guaio è che se Trump ha fatto la sua parte, tocca a noi
subire le conseguenze dell’ira funesta della signora Merkel che, tornata
in patria, ha parlato apertamente d’insoddisfazione per le conclusioni
del vertice di Taormina e, riferendosi a Trump, del fatto che “Il tempo
in cui potevamo fidarci completamente degli altri è finito”.
La soluzione per la cancelliera? Un’Europa che faccia a meno dello
storico alleato d’Oltreoceano. “Noi europei dobbiamo veramente prendere
in mano il nostro destino”: questa la versione di Angela. A
dimostrazione che non si tratti di una boutade propagandistica,
l’Huffington Post riporta un’indiscrezione pubblicata dalla Frankfurter
Allgemeine Zeitung secondo cui esisterebbe un piano segreto tedesco per
procedere a tappe forzate a una maggiore integrazione degli Stati
dell’Eurozona. Il che, in linea di principio, non sarebbe sbagliato. Ma è
forte il sentore di fregatura. Passi per le regole finanziarie che
Berlino, via Bruxelles, ha imposto ai Paesi della fascia meridionale
della Ue, ma pensare che i tedeschi, liberati dall’ingombro della
presenza britannica nell’Ue, allunghino le mani anche sulla macchina
bellica comunitaria sarebbe troppo. La signora Merkel vorrebbe
costituire a Bruxelles “un comando centrale per un impegno militare
comune”. Controllato da chi? Agli ordini di chi? Saremmo tutti più
tranquilli se Berlino si tenesse lontana dalla tentazione di manovrare
oltre i conti anche gli eserciti. Per la Merkel, Putin e Trump sarebbero
minacce da cui difendersi? Ma cosa le passa per la testa? Mai come ora
si avverte la mancanza della sagace ironia di Giulio Andreotti che, a
proposito dei cugini tedeschi, era solito dire: “Amo tanto la Germania,
che ne preferivo due”.
Gentile frau Merkel, faccia in modo da non costringerci a maledire il
giorno in cui abbiamo gioito per la caduta del “muro”. Se avessimo
saputo a quali guai saremmo andati incontro con il suo avvento al
potere, forse quel muro avremmo fatto meglio a lasciarlo dov’era.
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