“Il Tribunale del Mare aveva
riconosciuto ad agosto che il caso dei marò esulasse dalle competenze
della giurisdizione indiana. L’Italia ha visto riconosciute le proprie
ragioni. Siamo fiduciosi che anche il Tribunale internazionale dell’Aja
le riconoscerà. Ci sono tutte le condizioni perché Girone possa presto
riabbracciare la sua famiglia”: il leitmotiv è sempre lo stesso.
Anche nell’ultima intervista del ministro della Difesa Roberta Pinotti a
“Il Mattino” torna il ritornello dell’imminente risoluzione del caso
dei marò e del rientro di Girone in patria. Tutto ruota intorno all’indeterminatezza del ricorrente aggettivo “presto”.
Con un vertenza aperta con l’India dal febbraio 2012, i
premier Monti, Letta e Renzi, e i ministri che si sono succeduti alla
Difesa e agli Esteri non hanno mai mancato di alimentare le speranze di
una rapida e positiva conclusione della contesa. A pochi giorni
da una serie di scadenze roventi – discussione da parte del Tribunale
arbitrale de L’Aja della richiesta di misure cautelari per i militari
italiani, udienza della Corte Suprema indiana del 13 gennaio e scadenza
del permesso per cure mediche di Latorre il 16 gennaio – rileggere le
dichiarazioni degli esponenti del governo Renzi sulla vicenda fotografa i
minimi margini di manovra e i piccoli progressi raggiunti
(l’internazionalizzazione prima davanti al Tribunale di Amburgo, ora a
l’Aja).
Eppure
proprio il premier fiorentino, il 22 febbraio 2014 aveva cinguettato
senza indugi, dopo aver contattato i due Leoni del San Marco: “Ho appena
parlato al telefono con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Faremo semplicemente di tutto perché i due militari possano presto tornare a casa”.
“Consideriamo il vostro caso una priorità – sottolineò al tempo il
presidente del Consiglio a Latorre e Girone – siamo pronti a fare tutto
quanto è in nostro potere per arrivare il più rapidamente possibile ad
una soluzione positiva”. La stessa posizione era stata assunta
dall’appena nominata ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Subito dopo
il giuramento non aveva avuto dubbi nell’inserire il dossier
Latorre-Girone in cima all’agenda del suo impegno nell’esecutivo: “È la
prima preoccupazione, il primo pensiero che dobbiamo avere”. E rimanendo
in tema, anche Paolo Gentiloni, titolare della Farnesina, a novembre
del 2014 aveva riproposto un lessico da alpinista affermando che il caso
marò “è in cima alla nostra agenda”. Il 21 gennaio 2015, in una
intervista al Qn addirittura immaginava “con l’India, una via d’uscita”.
Queste ultime feste natalizie, infine, hanno reso evidente la violazione dei diritti umani sofferta dai due militari italiani. Il fuciliere barese Salvatore Girone
ha trascorso il terzo Natale di fila in India, raggiunto dalla moglie
Vania e dai due figli: una piccola gioia che non può mitigare la
concreta privazione che Salvatore patisce ogni giorno, vedendo
annichilito il ruolo di padre nei confronti dei due bambini, in un
delicato momento di crescita, e costretto a limitarsi a quotidiani
dialoghi digitali. Sono feste amare anche per Latorre:
il militare tarantino è alle prese con cure specialistiche e vive queste
settimane con l’incertezza legata al suo permesso. Scade il 16 gennaio e
nessuno può assicurargli che sarà rinnovato. (da Il Tempo)
fonte: http://www.barbadillo.it
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