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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/03/15

I due marò abbandonati dal Governo italiano




“Dobbiamo ritornare padroni assoluti dei destini della nostra nazione”. Questa è la frase emblematica pronunciata dal generale dei paracadutisti Sergio Fucito che racchiude, in sintesi, il programma e lo slogan del partito “Sovranità” presentato oggi a Lucca alla chiesa dell’Alba. Nel programma del partito il termine “Sovranità” significa appunto, avere la libertà di forgiare il proprio destino, riprendendo in mano quelli che sono gli aspetti fondamentali di un paese veramente libero ed indipendente: sovranità, identità e lavoro.
“Con il termine sovranità non intendiamo solo quella politica – spiega Fabio Barsanti, coordinatore di Casapound – ma anche quella territoriale, monetaria, energetica e militare. Il nostro governo non si preoccupa più di rappresentare il popolo e sta svendendo l’Italia per interessi prettamente personali”.
In una situazione di crisi molto grave, dove il paese stenta a decollare dal punto di vista economico e si fa sempre più fatica a trovare un lavoro, ci si aspetterebbe dalle massime autorità, almeno l’attaccamento alla propria nazione, manifestato anche attraverso prese di posizione a livello internazionale. “Il caso dei due marò in attesa di giudizio in India, è un chiarissimo esempio di una non sovranità italiana a livello mondiale – afferma Marcella Maniglia, candidata per la Lega Nord al consiglio regionale – E’ impensabile lasciare due militari innocenti in balìa di una nazione che non gli riconosce nemmeno il diritto ad una difesa giusta ed un processo legale”.
Gli episodi di non sovranità italiana, che vanno da Nassiriya fino allo scandalo Mare Nostrum, sono sfociati naturalmente e per vie parallele nei programmi politici di Salvini, di Casapound e ora in quello di Sovranità, e hanno contribuito, ad aumentare l’interesse di queste formazioni politiche, verso il caso dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. “Sono l’esempio della totale dedizione alla patria che non viene ricompensata”.
Queste le parole di Sergio Fucito, che spiegano lo stato d’animo di un ex paracadutista nei confronti dell’ingiustizia verso i due militari. Per spiegare al meglio questo controverso caso dal punto di vista storico e sociale, è stato invitato alla conferenza stampa Fabio Ruberti, ex ufficiale della marina e uno dei massimi esponenti nel campo della subacquea tecnica, il quale ha lavorato per oltre dieci anni in India.
Attraverso alcune slide, Ruberti propone uno racconto trasversale di quella che è la situazione indiana dal punto di vista storico, sociale e politico. “E’ una vergogna far giudicare ad un paese a costituzione mafiosa, come l’India, due ufficiali del nostro paese – spiega Ruberti – Io ho dovuto convivere, per lavoro, con quella che è la condizione sociale indiana e vi posso assicurare che c’è un livello di corruzione enorme, ramificato in ogni strato sociale. Il processo ai marò è una farsa, ci sono le prove e il governo italiano non vuole intervenire”.
Le prove in questione sono state esposte dal famoso perito giudiziario Luigi di Stefano, il quale ha seguito tutto l'iter processuale dei due fucilieri e ne ha dimostrato l'innocenza. “Ci sono tanti fatti che invaliderebbero completamente il processo indiano, a partire dalla negazione dei diritti alla difesa fino ad arrivare all’occultamento delle prove con l’affondamento del peschereccio incriminato – spiega di Stefano – Ma a parte i processi completamente incivili della magistratura indiana ci sono prove concrete che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono vittime di un’organizzazione di colpevolezza italiana, messa in piedi dalla guardia costiera indiana”.
L’argomentazione del perito giudiziario parte dall’incongruenza degli orari di attracco della nave italiana, Enrica Lexie, al porto di Kochi, con quelli della morte dei pescatori, fino ad arrivare alla non corrispondenza delle misure balistiche dei proiettili trovati durante l’autopsia, nel corpo dei pescatori indiani, con le misure dei proiettili usati dai due militari italiani. Un’arringa di non colpevolezza molto chiara e concisa, che non lascia spazio ad ulteriori repliche, sicuramente i due soldati si sono trovati, loro malgrado, in una controversia tra forze ed interessi molto più grandi di loro. L’ultima beffa verso l’Italia e i sui militari, arriva pochi giorni fa con il rinvio a luglio dell’inizio del processo, ennesimo affronto ad un paese che non riesce o non vuole imporsi.

di nico venturi- 15 marzo 2015
fonte: http://www.lagazzettadilucca.it

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