È pietoso, da ominicchi, lo scaricabarile dei politici locali sulle responsabilità dell'ennesima alluvione che ha colpito Genova
È pietoso, da ominicchi, lo scaricabarile dei politici locali sulle responsabilità dell'ennesima alluvione che ha colpito Genova
Barile che nelle intenzioni dovrebbe fermarsi o sul tavolo di chi avrebbe dovuto dare l'allarme o adagiarsi sulle nuvole, colpevoli per aver scaricato pioggia senza aver preventivamente mandato un tweet d'avvertimento. L'allarme tempestivo, seppur d'aiuto, non avrebbe però cambiato il corso degli eventi. Quando piove, piove. Semmai ci sarebbe da ridire sulle scelte delle misure di allerta. A sentire Claudio Burlando si è riposta fiducia non più nell'uomo (la Protezione civile ed Emergenze della Regione manca di un dirigente responsabile), ma nelle dannate proiezioni matematiche, che «divaricavano da quello che è accaduto realmente». Insomma, davano bel tempo mentre veniva giù l'inferno.
Ma non è certo negli algoritmi o nella natura matrigna che va cercata la responsabilità del disastro. Quanto piuttosto nella qualità del controllo pubblico esercitato da una città, Genova, e da una Regione, la Liguria, da sempre amministrata dalla sinistra. Quella tosta, quella di Togliatti e Berlinguer prima che diventasse snob e aristocratica anche se pur sempre «antropologicamente diversa». È quella amministrazione, quella sinistra che ha consentito la cementificazione degli ormai tristemente noti Bisagno, Fereggiano e Sturla fin nelle loro foci, concedendo i relativi permessi edilizi e consentendo i lavori per «aggiustare», deviando lì, raddrizzando là, il corso dei torrenti. Finendo per privarli della capacità di contenere la pioggia, finendo per farli scoppiare ad ogni temporale più intenso del consueto.
Una leggerezza, chiamiamola così, tuttavia sanabile. In maniera drastica, «decementizzando», ma questo avrebbe significato ammettere le proprie colpe, condotta estranea alla sensibilità civile della sinistra. Oppure, ed è la strada scelta, intervenendo per sanare con scolmatori e bacini di raccolta il «dissesto idrogeologico». I soldi per farlo ci sarebbero tutti, se non si fossero messe in mezzo la brontoburocrazia e la magistratura. Quest'ultima chiamata a stabilire la competenza tecnica, ramo ingegneria idraulica, della commissione appaltatrice. E, nell'attesa che ci capisca qualcosa (un Tar ha sentenziato per l'incompetenza, un contro Tar per la competenza), non si muove piccone. Siccome è noto che la natura nei suoi aspetti meteorologici non tiene conto delle seppur dotte dispute di tribunale, non resta dunque ai liguri che sperare nelle permanenti siccità vaticinate da Al Gore e dagli altri guru del riscaldamento globale. A questo siamo ridotti.
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