Ieri sul quotidiano La Verità è uscita una notizia bomba. L’Aifa ha inserito nel prontuario italiano un farmaco per bambini e adolescenti che desiderano cambiare sesso.
Buon senso (e mestiere) ci dicono che un articolo simile, per
importanza, responsabilità e conseguenze, avrebbe dovuto essere
rilanciato con enfasi. Subito dalle agenzie e dai telegiornali, e, il
giorno dopo, dai quotidiani concorrenti. Invece, niente.
Per questo ringraziamo la collega Marianna Baroli e vi riportiamo quanto da lei sostenuto e confermato da Aifa.
Il farmaco diventato adatto ai “gender variant”, agli incerti sul sesso – giovanissimi peraltro – è la triptorelina.
Si somministra sottocute e blocca l’attività ormonale. È stato testato
per alcuni tumori di prostata e mammella, per il trattamento di
endometriosi e fibromi uterini e ora, su richiesta di alcune Società
scientifiche (Endocrinologia, Andrologia e medicina della sessualità,
Endocrinologia e diabetologia pediatrica) e dall’Osservatorio nazionale
sull’Identità di genere, ne è consentita l’estensione “per bloccare la
pubertà a fini curativi in pazienti affetti da disforia di genere”.
Aifa ha precisato che il provvedimento “non è ancora stato pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale” e che “dopo tre sedute della Commissione
tecnico scientifiche, avvenute in febbraio, è stato espresso parere
favorevole all’uso off label”. Indispensabili saranno una diagnosi di
disforia di genere fatta dall’esperto di salute mentale, l’aver
raggiunto un certo sviluppo puberale, la “stabilizzazione di eventuali
psicopatologie associate” e il consenso informato del genitore.
Lo scorso dicembre la giornalista de La Verità ha visitato l’ospedale
pubblico di Londra (Tavistock e Portman Nhs foundation clinic) in cui i
bambini vengono curati per cambiare sesso (dai 4 agli 8 anni!) e osservato che la triptorelina è impiegata in età preburale su quei bimbi che manifestano “i sintomi della disforia di genere”.
Scrive la Baroli: “…la disforia di genere è catalogata fra i
disturbi mentali secondo cui viene definito transessuale solo chi non ha
un’ulteriore patologia associata. Ovvero chi non è affetto da un
ulteriore disturbo mentale. Sulla base di quanto descritto dal manuale
dei disturbi mentali e sull’effettiva comparsa della triptorelina tra i
medicinali dedicati al cambio di sesso, si può ipotizzare che in un
futuro non troppo lontano, anche in Italia, ospedali e medici
inizieranno a trattare apertamente i casi di disforia di genere con
medicinali e accompagneranno i bambini affetti da questo disturbo verso
l’altro sesso. Il tutto in nome di un cruciale intervento precoce volto a
limitare possibili atti di bullismo omotransfobico e di isolamento
sociale. Secondo il team di medici che ha chiesto all’Aifa il
riconoscimento della triptorelina come medicinale gender variant, la
sospensione della pubertà con l’ausilio di questo farmaco sembra essere
l’unico strumento efficace nel prevenire quei cambiamenti corporei che
scatenano l’acuirsi della sofferenza”.
In Italia l’associazione Amigay ha chiesto la somministrazione
del farmaco completamente gratuita perché “il pagamento conduce al
rischio di indurre alla prostituzione o ad altre degradanti mansioni
criminali”.
Ragioniamo su cosa sia criminale.
Chiediamoci: se andiamo a raccontare a un bimbo che il sesso si
può scegliere come un paio di scarpe lo aiutiamo o lo confondiamo? Ho
chiesto alle figlie e ai loro amici diciottenni – premetto tutti
favorevoli alle coppie gay e tutti propensi a considerare
l’omosessualità un’inclinazione diversa e naturale, quindi non malattia –
cosa avrebbero pensato se durante l’infanzia gli fosse stato spiegato
che il “sesso si può scegliere”. La risposta corale è stata: “Mi avrebbe
creato confusione”.
Secondo aspetto. Finora il farmaco è stato usato su adulti malati di
tumore o con disfunzioni ormonali, oltre che per la pubertà precoce ma che studi sono stati fatti su bambini e adolescenti?
Terza considerazione. Un bambino in crescita ha bisogno dell’impulso
ormonale anche per capire chi è, bloccare questo sviluppo potrebbe alimentare
la confusione, non chiarirla. Come si fa a escludere che lo stato di
incertezza in cui si trova un ragazzino non dipenda da situazioni
familiari e sociali?
Infine: bloccando la pubertà non si favorisce una scelta ma si ATTUA una scelta, della quale ci si potrebbe pentire.
di Gioia Locati - 29 marzo 2018
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