Vedere questo donnino è rinfrancante, inebriante. E lo dovrebbe
essere a maggior ragione per chi, a differenza nostra, contesta la
logica eteronormativa, perché ha due coglioni di berillo. Seguirla in
questa campagna elettorale sempre accerchiata da tartufi fumanti,
torchiata, imprigionata nel corpo, eppure mai sottomessa nello spirito,
seppur prostrata fino ad arcuarsi esausta sui tavoli dei talk show,
suscita ossequio. Questa sera, ancora, nell’acido-solforoso studio di
Otto e mezzo, molestata dalle petulanti moine borghesucce della
Guerritore come dall’impetuoso timbro del primo trombone, Zucconi, è
stata mirabile. Ferrigna senza farsi tignosa, penetrante e mai stronza,
fulminea nel repellere le arie venefiche che le venivano alitate
addosso, prevedibili come peti dopo i fagioli. L’orgoglio senza la
vanità, questa è Giorgia Meloni. Non ha le magnificenza un po’ blasé da
marescialla di Francia della Le Pen. Ma è un’amazzone della Garbatella,
l’adusta madre, ardente e furente che di qual sia cavaliere non teme
affronto. Il suo sovranismo è fioco, l’orizzonte culturale angusto, la
pianificazione identitaria velleitaria: eppure espugna il cuore con un
incorrotto pragmatismo che non si è mai bruciato nell’aridità.
Per questioni lavorative in questi giorni sto approfondendo l’epopea
umana di Carl Brashear, primo palombaro afroamericano della U.S. Navy e
primo master diver disabile nella storia della stessa Marina. Negro,
come si diceva allora, e disabile. Un campione dei diritti, un pioniere
autentico. Eppure quando lo si sentiva parlare non c’era enfasi
antidiscriminatoria nelle sue parole; nessuna sussiegosa lezione di
tolleranza, nessun ammonimento sulle pari opportunità… di quelli che
tanto masturbano il narcisismo dei finti equanimi, segaioli
dell’autocompiacimento morale: solo lo stentoreo e umile orgoglio
dell’esempio, dell’azione. L’orgoglio senza la vanità, ciò che fa di un
uomo un uomo e di una donna la sua compagna.
dal Blog Colpi bassi di Augusto Bassi - 26 febbraio 2018
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