(da Libero Quotidiano del 10 settembre 2017)
Aumentano le pressioni sul governo italiano dopo il “congelamento” dei flussi migratori illegali dalla Libia.
Denunce di Ong e reportage giornalistici hanno ricordato negli ultimi giorni le pessime condizioni in cui vengono trattenuti migliaia di immigrati illegali africani bloccati dalla Guardia Costiera libica mentre cercavano di raggiungere l’Italia. Condizioni non certo nuove a già denunciate dai media italiani e internazionali fin dal 2012, poco dopo la guerra civile che rovesciò e uccise di Muammar Gheddafi.
Ieri il Corriere della Sera ha citato fonti libiche che confermano il versamento di 5 milioni di euro alla milizia di Sabratha che fa capo ad Ahmad Dabbashi con il supporto del governo riconosciuto guidato da Fayez a-Sarraj.
Denaro sborsato affinché le milizie blocchino i flussi di migranti dalle spiagge più utilizzate dai trafficanti. Nei fatti poco di nuovo rispetto a quanto già raccontato a fine agosto dalle agenzie Reuters e AP secondo le quali Roma ha fornito a due milizie di Sabratha (Brigata 48 e al-Ammu) denaro (equipaggiamenti, imbarcazioni e stipendi secondo fonti libiche) per far bloccare i flussi migratori illegali.
Le due brigate, come tante altre in Libia, sono però inquadrate nel ministero della Difesa e degli Interni del governo di al-Sarraj riconosciuto dalla comunità internazionale. Sono quindi ufficialmente forze di polizia e militari nel caotico contesto libico in cui il governo di Tripoli non dispone di vere forze di sicurezza e si appoggia quindi sulle milizie che lo riconoscono, anche se dedite ad attività non troppo limpide.
Fermare i traffici che dal 2013 hanno portato in Italia 650 mila immigrati illegali era da tempo una priorità per la sicurezza e gli interessi nazionali. Per bloccarli o si rafforza la Guardia Costiera libica e si negozia (anche pagando) con le milizie filogovernative libiche oppure si vara un’operazione militare per riprendere la nostra “quarta sponda”. Poiché nessuno vuole un’avventura militare, a Roma non resta che negoziare con chi detiene il controllo del territorio lungo a rotta dei migranti illegali: al-Sarraj, le milizie della costa, sindaci e capi tribù del Fezzan.
Tra l’altro pagare milizie e Guardia costiera ci costerà molta meno che gestire l’accoglienza dei migranti arricchendo la variegata lobby dell’accoglienza.
Non a caso il successo dell’iniziativa di Minniti sta scatenando ostilità manifeste in Italia, negli organismi internazionali, tra le Ong e le potenze europee.
Secondo Arabi 21, sito della Arab Thought Foundation (organizzazione no-profit finanziata dall’Arabia Saudita), diplomatici e 007 britannici e francesi avrebbero incontrato segretamente i capi delle milizie libiche di Sabrata, a ovest di Tripoli, esprimendo critiche al metodo adottato dall’Italia per fermare i flussi migratori.
I britannici avrebbero espresso “insoddisfazione” per la gestione italiana del dossier immigrazione e da parte francese sarebbe stato chiesto informalmente di trasferire a Sabrata quasi 15.000 migranti provenienti dall’Africa occidentale, evidentemente destinati a imbarcarsi per l’Italia.
Il sito saudita cita fonti anonime ma, dopo la guerra contro Gheddafi del 2011 voluta dagli anglo-franco-americani proprio per sottrarre la Libia all’influenza italiana, non stupisce che i nostri “partner” giochino sporco per metterci in ginocchio con nuove ondate di migranti e per mettere le mani sul business dell’ENI in Tripolitania.
Anche l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, il principe giordano Zeid Raad al-Hussein, ha accusato la Ue (che appoggia l’iniziativa l’italiana) di non combattere gli abusi subiti dai migranti in Libia.
Il responsabile Onu ha denunciato le atrocità commesse sottolineando che “migranti muoiono per sete, fame o malattia, sono torturati e picchiati a morte mentre lavorano come schiavi e vengono semplicemente uccisi”.
La Libia però non è in Europa ed è paradossale che al-Hussein se la prenda con la Ue e non con le stesse Nazioni Unite di cui è un alto esponente e che dovrebbero intervenire in Libia dove peraltro hanno una missione la cui base resta però in Tunisia, “per motivi di sicurezza”.
L’Italia del resto ha appena donato 28 milioni di euro alle missioni in Libia di Unhcr e l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) per assistere i migranti e rimpatriarli (l’OIM ne ha riportati a casa 10 mila quest’anno). Solo così si scongiureranno altro partenze di massa dal Sahel e migliaia di morti nel deserto o in mare, non certo riaprendo la rotta verso l’Italia.
11 settembre 2017 di Gianandrea Gaiani
Foto: AFP, Ansa, Askanews e Frontex
fonte: http://www.analisidifesa.it
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