Scandalo
a buon mercato quello scatenato da non pochi “giornaloni” contro un
titolo di “Libero” dell’altro giorno a proposito della spazzatura romana
presa a scopate dal Partito Democratico in maglia gialla, ma non da
Matteo Renzi e nemmeno da Maria Elena Boschi. Da questo rimanere, per
così dire, in borghese il titolo “Renzi e Boschi non scopano”. E vai con
le accuse di sessismo, di volgarità, di doppio sensismo, di scandalo
per i minorenni (che ne sanno più dei nonni) e tanta indignazione del
politically correct, cioè a buon mercato, contro lo stesso Vittorio
Feltri. Al quale va invece la nostra più allegra stretta di mano. Sfido
chiunque a dimostrare lo scandalo di un titolo in un panorama di mass
media che si nutrono di turbamenti morali un tanto al chilo e che, per
dimostrare di essere “comme il faut”, “à la page”, liberi docenti di
belle maniere, si scatenano contro un titolo che, semmai, ha la ragion
d’essere proprio nell’ironia, nella presa in giro e in quell’umorismo a
doppia mandata che usufruisce dei duplici sensi quando questi non sono
affatto pericolosi, anzi.
Magari l’attuale politica si nutrisse di questi alimenti essenziali,
magari, se invece di prendersi a torte in faccia, i nostri politicanti,
chi più chi meno, si rivolgessero verso questa gioiosa bi-direzione.
Figuriamoci. Viene il sospetto, sempre a proposto delle scope e degli
scopatori e non, che l’insistenza di chi ora ci “pucia dentro il
biscotto” ipercritico sia, volente o nolente, il compiaciuto
evidenziatore proprio di quel doppio senso che finisce con l’assumere un
ruolo di prova d’accusa. Ma accusa di che? Ridicoli. Ma la cosa più
interessante, va pur ripetuto a rischio di annoiare e annoiarvi, è la
reazione opposta dei nostri talk show tenuti, non si sa da chi, in un
silenzio sacrale su questa maliziosa parentesi che, al contrario e in
Paese televisivo meno banalotto e conformista, sarebbe servita e
servirebbe. A che? A fare dei nostri talk show, più o meno tutti, un
luogo nel quale davvero sia possibile un confronto degno di questo nome,
un ragionamento, una critica sia pur dura ma, quando serve, dotata di
un sorridente buonsenso, con punte anche aguzze, capace comunque di fare
della contemporaneità politica italiana un qualcosa di vivo, di
attraente, e di utile, per dire.
Cosa non funziona nei talk? Va detto preliminarmente che sono tanti,
troppi e praticamente intercambiabili. Secondo Carlo Freccero - uno che
ha fatto la storia della nostra migliore televisione - i talk show sono
di un numero eccessivo, innanzitutto perché costano assai poco, il che,
tuttavia, proprio per l’altissimo numero e la non distinguibilità di
fondo, non aiuta affatto l’audience e semmai contribuisce alle
esposizioni velleitarie dei politici presenti, vellicati nella loro
ambizione di apparire. Ma è anche un problema di contenuti. Lo “scazzo”
furibondo giornaliero che ci mettono in mostra questi luoghi televisivi,
per di più di attualità politica, è unidirezionale, non cambia mai di
spessore contenutistico, resta in superfice e si diletta di aggressioni
verbali reciproche, col massimo gaudio dei conduttori, nell’illusione,
questi ultimi, che lo scontro più acceso, l’ingiuria più sfacciata
servano a far decollare l’asticella dell’audience. Quando mai...
E il bello è che l’attualità del Paese, la sua complessa realtà,
politica, di costume, e quant’altro, è assai viva e stimolante; sia come
la narra sapidamente un imbattibile Feltri, sia quando avviene sotto
gli occhi di noi tutti o, se vogliamo, quando la sua portata e incidenza
è tale che occorre ai conduttori un minimo, non un massimo, di
consapevolezza per parlare e far parlare. Prendiamo la storia del povero
Fabiano Antonioli, il disk jockey cieco e del tutto immobile ma del
tutto cosciente nelle sue decisioni fino al suicidio in una clinica
Svizzera accompagnato e assistito dal coraggioso radicale Marco Cappato.
Ebbene, dopo l’assoluzione di due Pm, il giudice istruttore ha chiesto
il rinvio a giudizio del bravo parlamentare radicale, e rischia una
condanna da cinque a dieci anni di carcere. Su questa vicenda, di vita e
di morte, di scelte di fondo, di coraggio e di sfida al conformismo, il
silenzio dei talk show e di quasi tutti i media, è stato come si dice,
assordante. Peccato.
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