Tra
gli immigrati giunti nel Belpaese, secondo dati governativi, i minori
stranieri non accompagnati, al 31 dicembre 2016, sarebbero 17.373
È stato recentemente approvato alla
Camera dei Deputati, dopo il via libera del Senato del 1° marzo, il
Disegno di Legge n. 1658-B contenente le “Disposizioni in materia di
misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” che
innoverebbe in maniera significativa il diritto dell’immigrazione in
materia di minori, prevedendo il divieto di respingimento alla
frontiera.
Usiamo il condizionale perché, in
realtà, a dispetto del clamore mediatico, la legge sembra scoprire
l’acqua calda. La normativa vigente infatti, de facto, non rende una
situazione diversa da quella che siffatto disegno di legge appunto
disegna. E quindi la domanda è: perché questa legge?
Proviamo a rispondere premettendo che,
in tema di immigrazione il politicamente corretto è sempre
più ostentato, ogni giorno che passa. Non parliamo poi
dell’iper-intoccabilità di cui si ammanta il presepe ideologico
costituito da “mamme e bambini sui barconi”, donne e minori che sono in
realtà, in proporzione alla massa di immigrati maschili in età da
moglie, davvero pochi. Nessun telegiornale, ovviamente, lo evidenzia. È
più utile la narrazione lacrimosa della sacra famiglia in mare mosso, ma
andiamo con ordine.
La più recente definizione di “minore
non accompagnato” è contenuta nell’art. 2 della Direttiva Europea
2001/55EC3, secondo cui sono minori non accompagnati «i cittadini di
paesi terzi o gli apolidi di età inferiore ai 18 anni che entrano nel
territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona
adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non
ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile,
ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta
entrati del territorio degli Stati membri».
Il Testo Unico sull’immigrazione (d.lgs.
n. 286/1998) prevede che, quando ricorrano i presupposti per
l’espulsione di un minore straniero, il provvedimento possa essere
adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minori «a
condizione comunque che il provvedimento stesso non comporti un rischio
di danni gravi per il minore».
L’espulsione è dunque ridotta a quei
casi in cui non ci sarebbero pregiudizi di sorta per il minore nel
momento in cui faccia ritorno nel paese d’origine. Quanti sono questi
casi?
La geografia dei conflitti, o meglio, la
narrazione della geografia dei conflitti ci mette dinanzi ad uno
scenario “continentale” pan-bellico e dovunque ci sia una guerra, lì non
si può tornare.
Gli stessi sostenitori dell’accoglienza
tout court, quelli espertissimi nel cogliere le sottili differenze tra
clandestino, rifugiato e profugo, sembrano tra l’altro essersi messi
tutti d’accordo sulla bontà di un’unica definizione, quella di migrante,
il portatore cioè di un diritto fondamentale a mettere radici dove
voglia e sempre. Li imiteremo, limitandoci però, senza essere troppo
originali, a chiamare chi entra nel nostro territorio ‘immigrato’.
Tra gli immigrati giunti nel Belpaese,
secondo dati governativi, il numero di minori stranieri non accompagnati
al 31 dicembre 2016 ammonterebbe a 17.373, il 45,7% in più rispetto al
31 dicembre 2015 e il 25,3% rispetto al 31 agosto 2016. Sono maschi il
93,3% del totale. Le bambine? Al 31 dicembre 2016, i minori non
accompagnati presenti in Italia che risultano irreperibili –
principalmente egiziani, eritrei, somali – sono 6.561. Dove sono? Bel
problema, ma non il solo.
È preponderante la questione dell’età.
Secondo l’Associazione Diritti e Frontiere la presunzione di maggiore
età viene «applicata con larga discrezionalità dalle forze di polizia,
senza le adeguate competenze professionali, con il risultato che spesso
minorenni anche di sesso femminile e spesso vittime di tratta vengono
dichiarate maggiorenni» e quindi espulsi. Allo stesso modo, siffatto
meccanismo potrebbe però operare anche in difetto, portando a
considerare erroneamente minori soggetti ultra-diciottenni.
Invero, secondo il Quadro di riferimento
normativo e diritto all’identità del Ministero della Giustizia, che fa
riferimento ad una Conferenza di servizi indetta dal Ministero degli
Interni nel 2008, l’età dovrebbe essere accertata mediante un approccio
multidisciplinare e multidimensionale consistente in esami medici da
effettuarsi in strutture pubbliche e nell’ascolto del minore al fine di
ricostruire la sua storia anagrafica. L’emergenza sembra avere reso
ostica l’applicazione a tappetto di queste regole, le quali restano di
per sé non adatte a “scovare” l’eccezione.
È stato poi il senatore Lucio Malan ad
introdurre in Parlamento un tema nuovo, ossia la possibilità che l’età
non faccia dei minori non accompagnati “dei santarellini”.
«Tra coloro che sono venuti in Italia
come minori non accompagnati, argomenta il senatore spiegando gli
emendamenti al ddl in questione, ci sono colpevoli accertati di 32
omicidi volontari solo nell’anno 2015: queste, probabilmente, non sono
persone che venivano in Italia benintenzionate; credo che sarebbe stato
meglio se fossero ritornati nei loro Paesi, anche se veramente avevano
sedici o diciassette anni. Ci sono stati poi 54 tentati omicidi, che non
sono andati a buon segno ma che verosimilmente hanno lasciato il segno
sulle persone vittime di questi tentativi; 1.560 lesioni personali
volontarie perpetrate da stranieri minorenni; 10.000 reati contro il
patrimonio e l’incolumità pubblica e 268 violenze sessuali perpetrate da
minori stranieri».
Ancora un aspetto. Nel 2003, il Comitato
per i minori stranieri si trovò ad affrontare la questione se fossero
da considerare ‘non accompagnati’ i minori abitanti con parenti entro il
quarto grado, quindi “affidati di fatto”, ma non interessati da alcun
provvedimento formale. Il Comitato optò per considerarli accompagnati e
nessuno parlò in ogni caso degli abusi potenziali conseguenti alla
difficoltà di documentare in modo chiaro la sussistenza reale del
rapporto parentale, complici casi frequentissimi di omonimia e procedure
identificative dei Paesi d’origine non sofisticatissime, diciamo così.
Infine proteggere i minori costa. Il
Documento Programmatico di Bilancio 2016 inserisce la problematica dei
minori non accompagnati nel novero delle spese per l’immigrazione,
computando un costo pro capite medio oscillante tra i 35 e i 45 euro al
giorno circa. I dati riportati non comprendono, come si legge nella
dicitura di uno dei grafici riportati, «la spesa relativa all’emergenza
del Nord Africa, aperta nel 2011».
Quanto spendiamo davvero? L’Italia è dell’Europa contribuente netto, versa ad essa cioè più di quanto riceve. A buon intenditor…
La legge che fa dei minori non
accompagnati soggetti da accogliere sempre, non solo non rappresenta
alcuna novità sostanziale in considerazione dei tanti escamotage più o
meno percorribili per evitare il rimpatrio da parte degli stessi, ma può
essere considerata una sorta di distrattore tematico, che affrontando
demagogicamente e parzialmente il tema, finisce per offuscare gli
aspetti che, nell’interesse in primis dei minori e della patria
ospitante, dovrebbero invece affrontarsi, quelle priorità cioè ribadite
dalle Convenzioni internazionali di difesa dei diritti dell’infanzia
purtroppo sempre più spesso usate impropriamente, diciamo anche questo.
Questa legge sembra avere come unica
funzione quella di tacitare ogni dubbio altro o ulteriore, placandolo a
monte. Eppure, la sacrosanta protezione del debole, quale valore, mai
dovrebbe passare per il disvalore della menzogna delle narrazioni a
metà.
Nessun commento:
Posta un commento