Dagli anni della crisi, l’Italia è afflitta da una doppia ipocrisia. Ne sono ammalati il Governo e una larga fetta di italiani. Con il governo Renzi e la sua maggioranza l’ipocrisia ha toccato il culmine, ma non è destinata a fermarsi. La parola “ipocrisia” è così usata che, temo, se ne sia perso il senso più genuino, abbastanza recondito. Il vocabolo greco “hypokrités” significa “attore”. Dunque l’ipocrita recita una parte; l’ipocrisia è una simulazione.
Nei rapporti con i colleghi europei, Matteo Renzi sta dando prova di
possedere belle doti di recitazione. Sennonché il palcoscenico dell’Ue
non è un teatro. Lì non va in scena uno spettacolo. È in gioco
l’esistenza delle istituzioni europee e il futuro dell’economia
italiana. Questa doppia ipocrisia costituisce la causa prima del
permanere dell’Italia in condizioni di stagnazione che il belletto
governativo non riesce a truccare. Ma, devo ammetterlo, una notevole
parte dell’opposizione è altrettanto ipocrita, se non di più, al mero
scopo d’incalzare il governo ed inseguire un consenso popolare tanto
cieco quanto autolesionistico. Per smascherare, togliere appunto la
maschera, a simili commedianti non è indispensabile rischiare d’apparire
filo germanici, mastini dell’austerità, nemici della flessibilità.
Basta adoperare il buon senso, stare con i piedi per terra, dire la
verità. E non serve neppure ricorrere alle opinioni degli economisti,
grandi o piccoli che siano, assisi sulle vette di teorie ben radicate
nei preconcetti e nelle fazioni. È sufficiente il giudizio che una
persona sappia basare su fatti reali di per sé evidenti e precisamente
argomentare con logica inoppugnabile.
Un esempio emblematico voglio trarlo dalla rubrica delle lettere al
direttore del Corriere della Sera del 4 febbraio. Scrive dunque Attilio
Lucchini: “I media hanno più che mai il dovere, in questo periodo di
grandi difficoltà, di intervenire in modo fermo, e non solo velatamente,
contro gli atteggiamenti del premier che apre continuamente nuovi
fronti di contrasto con Bruxelles. Il debito pubblico più pericoloso
dell’Unione europea è colpa nostra, non della Ue che ce lo ricorda. Le
riforme tardive e appannate sono colpa nostra, non della Ue. La
conseguente crescita dell’economia da zero virgola è colpa solo nostra,
non dei ‘burocrati di Bruxelles’. Di chi è la colpa, se non nostra, del
mantenimento in vita di aziende decotte, enti inutili, aziende
partecipate in costante perdita, banche fallite? Bruxelles non digerisce
che il maggiore colpevole riversi sulle istituzioni comunitarie le
proprie colpe”.
Questa è la pura, cruda, indiscutibile verità che l’ipocrisia
nazionale, popolare e populistica, respinge non solo perché fa comodo al
governo, alla maggioranza e, purtroppo, a un’irresponsabile
opposizione, ma anche perché quel “dovere” dei media invocato dal
lettore non è affatto sentito dalla stampa e dalla televisione, che,
quanto a questo, sembrano aver rinunciato all’esercizio del potere
critico in favore della corrività e del qualunquismo, mentre bisogna
ribadire al popolo che la causa del suo umor nero è “made in Italy”.
Come purtroppo i suoi governanti.
di Pietro Di Muccio de Quattro - 06 febbraio 2016
fonte: http://www.opinione.it
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