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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

07/02/16

Doppia ipocrisia







Dagli anni della crisi, l’Italia è afflitta da una doppia ipocrisia. Ne sono ammalati il Governo e una larga fetta di italiani. Con il governo Renzi e la sua maggioranza l’ipocrisia ha toccato il culmine, ma non è destinata a fermarsi. La parola “ipocrisia” è così usata che, temo, se ne sia perso il senso più genuino, abbastanza recondito. Il vocabolo greco “hypokrités” significa “attore”. Dunque l’ipocrita recita una parte; l’ipocrisia è una simulazione.
Nei rapporti con i colleghi europei, Matteo Renzi sta dando prova di possedere belle doti di recitazione. Sennonché il palcoscenico dell’Ue non è un teatro. Lì non va in scena uno spettacolo. È in gioco l’esistenza delle istituzioni europee e il futuro dell’economia italiana. Questa doppia ipocrisia costituisce la causa prima del permanere dell’Italia in condizioni di stagnazione che il belletto governativo non riesce a truccare. Ma, devo ammetterlo, una notevole parte dell’opposizione è altrettanto ipocrita, se non di più, al mero scopo d’incalzare il governo ed inseguire un consenso popolare tanto cieco quanto autolesionistico. Per smascherare, togliere appunto la maschera, a simili commedianti non è indispensabile rischiare d’apparire filo germanici, mastini dell’austerità, nemici della flessibilità. Basta adoperare il buon senso, stare con i piedi per terra, dire la verità. E non serve neppure ricorrere alle opinioni degli economisti, grandi o piccoli che siano, assisi sulle vette di teorie ben radicate nei preconcetti e nelle fazioni. È sufficiente il giudizio che una persona sappia basare su fatti reali di per sé evidenti e precisamente argomentare con logica inoppugnabile.
Un esempio emblematico voglio trarlo dalla rubrica delle lettere al direttore del Corriere della Sera del 4 febbraio. Scrive dunque Attilio Lucchini: “I media hanno più che mai il dovere, in questo periodo di grandi difficoltà, di intervenire in modo fermo, e non solo velatamente, contro gli atteggiamenti del premier che apre continuamente nuovi fronti di contrasto con Bruxelles. Il debito pubblico più pericoloso dell’Unione europea è colpa nostra, non della Ue che ce lo ricorda. Le riforme tardive e appannate sono colpa nostra, non della Ue. La conseguente crescita dell’economia da zero virgola è colpa solo nostra, non dei ‘burocrati di Bruxelles’. Di chi è la colpa, se non nostra, del mantenimento in vita di aziende decotte, enti inutili, aziende partecipate in costante perdita, banche fallite? Bruxelles non digerisce che il maggiore colpevole riversi sulle istituzioni comunitarie le proprie colpe”.
Questa è la pura, cruda, indiscutibile verità che l’ipocrisia nazionale, popolare e populistica, respinge non solo perché fa comodo al governo, alla maggioranza e, purtroppo, a un’irresponsabile opposizione, ma anche perché quel “dovere” dei media invocato dal lettore non è affatto sentito dalla stampa e dalla televisione, che, quanto a questo, sembrano aver rinunciato all’esercizio del potere critico in favore della corrività e del qualunquismo, mentre bisogna ribadire al popolo che la causa del suo umor nero è “made in Italy”. Come purtroppo i suoi governanti.

di Pietro Di Muccio de Quattro - 06 febbraio 2016
fonte: http://www.opinione.it


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