Illustre Presidente,
nell’approssimarsi del Santo Natale, nonostante siamo tutti coinvolti – e Lei per primo – nel vortice dei problemi interni e dagli effetti di fenomeni assai complessi, dal terrorismo islamico, all’immigrazione, al cambiamento climatico, sento il dovere di sottoporLe la questione-odissea dei 2 Fucilieri di Marina che ormai langue da quasi 4 anni, dal 15 febraio 2012, sempre più avvolta da un inesplicabile silenzio. Nella nostra società e nei circuiti mediatici nostrani, il successo è perfino troppo fragoroso, mentre l’insuccesso è silenzioso, e lascia aperti troppi dubbi e interrogativi. Le chiedo scusa se mi prendo la licenza di indirizzarLe questa mia ma, essendo già in clima natalizio, La prego di considerare questa iniziativa alla stregua di ciò che da bambini si faceva tanti anni fa – secondo tradizione – di inviare una missiva ai propri genitori, con tutti i migliori propositi e qualche piccola richiesta, facendola trovare sotto il piatto del capofamiglia in occasione del pranzo di Natale. Gli autori di queste missive facevano una sorta d’innocente “mea culpa”, per le marachelle compiute nell’anno che, nel caso in specie sono inesistenti, e chiedevano al Bambino Gesù, per il tramite del loro papà – così come ora stiamo chiedendo a Lei – di poter esaudire qualche desiderio magari banale, ma per loro assai importante. Scrivo perché lo sento, scrivo in loro vece, senza che i 2 FCM ne sappiano nulla, spinto soltanto dall’affetto e dalla stima che nutro per le Forze Armate, per la Marina e per il San Marco in particolare, ma anche per esternare l’ammirazione e l’orgoglio che i due sottufficiali Latorre e Girone meritano per la professionalità, la dignità, lo stile, la tenuta morale, il senso dell’onore e l’abnegazione che hanno ampiamente mostrato in questa articolata e triste vicenda.
Già nel Natale del 2012, una missiva aperta, analoga, venne inviata da un bravo ex-Cappellano, al Capo dello Stato pro-tempore, lamentando l’assenza della politica e delle Istituzioni in genere, e per la situazione irrisolta dei 2 fucilieri di Marina detenuti in India, dal fatidico 15 febbraio di quell’anno. Ha deciso, pertanto, di restituire tutte le onorificenze, le Commende ricevute per meriti sul campo, cui teneva sopra ogni cosa, le quali – ora – avevano perso ogni significato in termini di giusto vanto personale, nonché di credibilità e di fiducia in quelle Istituzioni che gliele avevano attribuite. Uno Stato che lo aveva deluso, che non riusciva più a garantire il diritto e dopo un anno non era riuscito a riportare a casa 2 fucilieri, suoi figli, comandati a difendere l’equipaggio di una nave battente la bandiera Nazionale, dagli attacchi dei pirati: lo Stato non appariva, pertanto, più credibile. Difficile da accettare, per uno che aveva servito con amore e grandi sacrifici la “propria” famiglia, quella marinara, e riconoscersi ancora in quello Stato che a suo tempo lo aveva fatto oggetto di elogi e riconoscenze formali.
Sono passati altri tre Natali da quella lettera; i 2 sottufficiali del San Marco sono ancora soggetti all’autorità (meglio arroganza) indiana, e nessuno sa – nonostante le periodiche ammissioni dei politici che il processo sarà “equo e rapido!” e che “li riporteremo presto a casa, perché la giurisdizione compete all’Italia” – quando e se saranno liberati da questo incubo. Perfino qualche giorno fa, la Ministra della Difesa, a seguito di un’interpellanza, ha dichiarato in un “question-time” della Camera, che “le intenzioni? del governo per il loro rapido??( dopo 4 anni?) rientro in Patria si collocano nell’alveo della procedura giurisdizionale internazionale già avviata..”; desta meraviglia che, dopo quasi 4 anni siamo ancora alle intenzioni, e si parli ancora di un rapido rientro: quanto tempo dovrà ancora passare prima che possano essere liberati e tornare nei ranghi? E, nonostante non ci siano ancora specifici capi d’accusa nei loro confronti, e non sia stato iniziato alcun processo se non continui rimandi fra tribunali e Corti Supreme, di fatto permangono tuttora in uno stato di limbo, in attesa delle determinazioni del Tribunale del Mare di Amburgo – l’ITLOS , emanazione della Convenzione della Legge del Mare UNCLOS, sotto l’egida delle N.U. – cui l’Italia tardivamente si è rivolta, richiedendo il previsto Arbitrato internazionale.
La loro odissea Le è certamente ben nota; quindi è superfluo ripercorrerne le tappe, i momenti salienti, le cocenti delusioni che l’hanno caratterizzata e che toccano direttamente la sovranità e l’onore del nostro Stato: l’internazionalità della questione in termini di Diritto, la dinamica censurabile dell’arresto fraudolento, il sequestro di armi e personale di uno Stato sovrano, l’artefatta perizia balistica, fino al rientro “spintaneo”, del marzo 2013, con un’estradizione passiva anticostituzionale, verso un paese in cui vigeva la pena di morte, per tacere delle vessazioni indiane attuate nell’intercalare dei vari eventi.
Chi scrive, sostituendo surrettiziamente loro, ha servito il nostro Stato per oltre 43 anni nei ranghi istituzionali, con le stellette; come tanti che hanno giurato fedeltà alla “Patria” e l’hanno servita con “onore”, con grandi sacrifici, come un sacro dovere verso gli altri: senza retorica, né protagonismi.
E, fra gli incarichi professionali e operativi, ha avuto la fortuna e il privilegio di avere alle dipendenze il glorioso Reggimento San Marco, e quindi di conoscere bene i valori dei Fucilieri, la loro solidità professionale, il loro coraggio e i risultati conseguiti in teatri assai difficili: dal Libano, fino a quelli più recenti in Iraq e Afghanistan. Non si tratta di fare impropria apologia, ma di riconoscere i meriti autentici di quegli uomini, di far capire che sono “forze speciali”, e quindi, come capitava nelle letterine di Natale, accennare anche ai fatti positivi compiuti. Con una professionalità che non ha pari, perché non ha pari il loro addestramento continuo, il loro condizionamento fisico quotidiano, e la capacità di affrontare situazioni impreviste con coraggio, sangue freddo e grande umanità. I 2 FCM sono “innocenti fino a prova contraria”, secondo la presunzione d’innocenza tipica di uno Stato di Diritto, liberale e garantista, ma anche dall’analisi sostanziale dei fatti; lo sono tanto più in quanto non esiste neppure uno specifico capo d’accusa nei loro confronti. Personalmente sono convinto che i due sottufficiali del San Marco siano addirittura estranei a quel sinistro, ma ingannati dagli indiani che, ora, pur di non perdere la faccia, continuano a perseguirli come fossero terroristi: illuminante, a tal proposito, risulta la puntuale ed approfondita analisi dei fatti contenuta nel recente libro “Il segreto dei Marò”, scritto da Toni Capuozzo. Sembra di assistere, invece, ad una farsa, a una tragicommedia degli equivoci e degli inganni, secondo un copione dettato dal “rovescio più che dal Diritto”, in un teatro dell’assurdo con comparse nostrane inconsistenti, in un panorama indiano che si picca di essere una “grande democrazia” ma che, in realtà, fa della illegittimità e dell’arroganza il reale motivo conduttore, in ogni circostanza.
Questa lettera è stata indirizzata a Lei, signor Presidente, quale supplica ideale per un certo numero di motivi; prima di tutto perché ci si aspettano quelle risposte, finora mai date, che appaiono doverose: in primis in quanto garante dei diritti , delle Istituzioni e della nostra Costituzione, nei riguardi di tutti i cittadini; in seconda istanza, atteso il Suo ruolo di Capo Supremo delle FFAA, per la tutela nei confronti del personale con le stellette che serve con disciplina e spirito di servizio, la Patria; il terzo aspetto attiene al rispetto della nostra sovranità, ed alla reputazione internazionale che il nostro Paese deve gelosamente conservare senza mai venir meno alla sua onorabilità. Sotto il profilo dello Stato di Diritto la situazione dei 2 Fucilieri è quanto mai problematica ed emblematica; le angherie e le ingiustizie discendono essenzialmente dal non riconoscimento indiano delle norme che regolano il Diritto internazionale, e anche dei più elementari diritti umani, calpestati a livello individuale, e per le correlate, indebite, sofferenze delle loro famiglie.
Il disagio che ne consegue incide direttamente sulla sovranità del nostro Stato che, pare, abbia alzato bandiera bianca nella tutela di questi due suoi militari, nonostante fossero “coperti” sia dal Diritto internazionale che dalle previsioni della immunità funzionale, valida per tutti i militari che operano in missioni statuali, all’estero: certamente l’Italia non ci ha guadagnato né in reputazione internazionale, né in credibilità di Stato sovrano. Non si entra, infine, nel merito delle valutazioni e delle decisioni del Consiglio Supremo di Difesa, da Lei presieduto, ma onestamente ci si attenderebbe che, di là di qualche dichiarazione di rito, siano prese delle opportune determinazioni e degli indirizzi che riportino in equilibrio, con equità e fermezza, la situazione nei confronti dell’India. Gli spazi sembrano esserci; ma solo un autorevole intervento verso il Tribunale arbitrale, potrebbe risolvere le problematiche latenti: il primo punto, essenziale, riguarda la competenza giurisdizionale che in termini di Diritto Internazionale compete all’Italia, avvalorata ancor più dai farseschi teoremi e falsi contenuti negli specifici Allegati presentati dalla delegazione indiana al Tribunale di Amburgo che hanno suscitato notevoli perplessità e meraviglia da parte dello stesso Tribunale; il secondo, intimamente correlato, riguarda la richiesta avanzata direttamente al Tribunale Arbitrale dell’Aja per far rientrare in Patria, Girone.
Restano altresì valide ed attuabili quelle azioni a suo tempo proposte che, ricercando un forte appoggio dell’ONU e dell’UE sotto la cui egida si contrasta la pirateria, prefigurano la rivisitazione riduttiva del nostro impegno nei teatri, almeno finché non si otterrà un concreto supporto per risolvere la inqualificabile causa dei 2 FCM. Ciò, di per sé, costituirebbe un segnale di enorme portata nei confronti del mondo militare, e anche dei galantuomini civili, sostanziando così quel supporto morale ed il ristoro di quelle tutele indispensabili per tutti i cittadini, e specialmente per le motivazioni e la stessa efficacia dei militari, nelle delicate missioni loro affidate. E, per ultimo, non si può sottacere che da tanta parte dell’opinione pubblica è sentita e invocata la necessità di nominare una Commissione di Inchiesta per chiarire i vari aspetti dell’odissea dei 2FCM, dal loro sequestro, alla loro detenzione illegale, fino al rientro a Delhi, ma soprattutto per fare chiarezza sulla ambigua documentazione depositata dagli indiani presso il Tribunale di Amburgo: un’esigenza ineludibile in termini di etica della responsabilità, e propria di uno Stato di diritto, democratico.
Preme chiarire, inoltre, che tali considerazioni non sono frutto di sfogo o di disagio personale, ma – senza retorica – sono particolarmente avvertite e sentite anche da chi non veste più la divisa, ma col cuore si sente ancora al servizio delle Istituzioni, e soprattutto – sono convinto – da coloro ancora in servizio che svolgono in silenzio le missioni per la nostra Sicurezza e la Difesa della nostra Patria.
nell’approssimarsi del Santo Natale, nonostante siamo tutti coinvolti – e Lei per primo – nel vortice dei problemi interni e dagli effetti di fenomeni assai complessi, dal terrorismo islamico, all’immigrazione, al cambiamento climatico, sento il dovere di sottoporLe la questione-odissea dei 2 Fucilieri di Marina che ormai langue da quasi 4 anni, dal 15 febraio 2012, sempre più avvolta da un inesplicabile silenzio. Nella nostra società e nei circuiti mediatici nostrani, il successo è perfino troppo fragoroso, mentre l’insuccesso è silenzioso, e lascia aperti troppi dubbi e interrogativi. Le chiedo scusa se mi prendo la licenza di indirizzarLe questa mia ma, essendo già in clima natalizio, La prego di considerare questa iniziativa alla stregua di ciò che da bambini si faceva tanti anni fa – secondo tradizione – di inviare una missiva ai propri genitori, con tutti i migliori propositi e qualche piccola richiesta, facendola trovare sotto il piatto del capofamiglia in occasione del pranzo di Natale. Gli autori di queste missive facevano una sorta d’innocente “mea culpa”, per le marachelle compiute nell’anno che, nel caso in specie sono inesistenti, e chiedevano al Bambino Gesù, per il tramite del loro papà – così come ora stiamo chiedendo a Lei – di poter esaudire qualche desiderio magari banale, ma per loro assai importante. Scrivo perché lo sento, scrivo in loro vece, senza che i 2 FCM ne sappiano nulla, spinto soltanto dall’affetto e dalla stima che nutro per le Forze Armate, per la Marina e per il San Marco in particolare, ma anche per esternare l’ammirazione e l’orgoglio che i due sottufficiali Latorre e Girone meritano per la professionalità, la dignità, lo stile, la tenuta morale, il senso dell’onore e l’abnegazione che hanno ampiamente mostrato in questa articolata e triste vicenda.
Già nel Natale del 2012, una missiva aperta, analoga, venne inviata da un bravo ex-Cappellano, al Capo dello Stato pro-tempore, lamentando l’assenza della politica e delle Istituzioni in genere, e per la situazione irrisolta dei 2 fucilieri di Marina detenuti in India, dal fatidico 15 febbraio di quell’anno. Ha deciso, pertanto, di restituire tutte le onorificenze, le Commende ricevute per meriti sul campo, cui teneva sopra ogni cosa, le quali – ora – avevano perso ogni significato in termini di giusto vanto personale, nonché di credibilità e di fiducia in quelle Istituzioni che gliele avevano attribuite. Uno Stato che lo aveva deluso, che non riusciva più a garantire il diritto e dopo un anno non era riuscito a riportare a casa 2 fucilieri, suoi figli, comandati a difendere l’equipaggio di una nave battente la bandiera Nazionale, dagli attacchi dei pirati: lo Stato non appariva, pertanto, più credibile. Difficile da accettare, per uno che aveva servito con amore e grandi sacrifici la “propria” famiglia, quella marinara, e riconoscersi ancora in quello Stato che a suo tempo lo aveva fatto oggetto di elogi e riconoscenze formali.
Sono passati altri tre Natali da quella lettera; i 2 sottufficiali del San Marco sono ancora soggetti all’autorità (meglio arroganza) indiana, e nessuno sa – nonostante le periodiche ammissioni dei politici che il processo sarà “equo e rapido!” e che “li riporteremo presto a casa, perché la giurisdizione compete all’Italia” – quando e se saranno liberati da questo incubo. Perfino qualche giorno fa, la Ministra della Difesa, a seguito di un’interpellanza, ha dichiarato in un “question-time” della Camera, che “le intenzioni? del governo per il loro rapido??( dopo 4 anni?) rientro in Patria si collocano nell’alveo della procedura giurisdizionale internazionale già avviata..”; desta meraviglia che, dopo quasi 4 anni siamo ancora alle intenzioni, e si parli ancora di un rapido rientro: quanto tempo dovrà ancora passare prima che possano essere liberati e tornare nei ranghi? E, nonostante non ci siano ancora specifici capi d’accusa nei loro confronti, e non sia stato iniziato alcun processo se non continui rimandi fra tribunali e Corti Supreme, di fatto permangono tuttora in uno stato di limbo, in attesa delle determinazioni del Tribunale del Mare di Amburgo – l’ITLOS , emanazione della Convenzione della Legge del Mare UNCLOS, sotto l’egida delle N.U. – cui l’Italia tardivamente si è rivolta, richiedendo il previsto Arbitrato internazionale.
La loro odissea Le è certamente ben nota; quindi è superfluo ripercorrerne le tappe, i momenti salienti, le cocenti delusioni che l’hanno caratterizzata e che toccano direttamente la sovranità e l’onore del nostro Stato: l’internazionalità della questione in termini di Diritto, la dinamica censurabile dell’arresto fraudolento, il sequestro di armi e personale di uno Stato sovrano, l’artefatta perizia balistica, fino al rientro “spintaneo”, del marzo 2013, con un’estradizione passiva anticostituzionale, verso un paese in cui vigeva la pena di morte, per tacere delle vessazioni indiane attuate nell’intercalare dei vari eventi.
Chi scrive, sostituendo surrettiziamente loro, ha servito il nostro Stato per oltre 43 anni nei ranghi istituzionali, con le stellette; come tanti che hanno giurato fedeltà alla “Patria” e l’hanno servita con “onore”, con grandi sacrifici, come un sacro dovere verso gli altri: senza retorica, né protagonismi.
E, fra gli incarichi professionali e operativi, ha avuto la fortuna e il privilegio di avere alle dipendenze il glorioso Reggimento San Marco, e quindi di conoscere bene i valori dei Fucilieri, la loro solidità professionale, il loro coraggio e i risultati conseguiti in teatri assai difficili: dal Libano, fino a quelli più recenti in Iraq e Afghanistan. Non si tratta di fare impropria apologia, ma di riconoscere i meriti autentici di quegli uomini, di far capire che sono “forze speciali”, e quindi, come capitava nelle letterine di Natale, accennare anche ai fatti positivi compiuti. Con una professionalità che non ha pari, perché non ha pari il loro addestramento continuo, il loro condizionamento fisico quotidiano, e la capacità di affrontare situazioni impreviste con coraggio, sangue freddo e grande umanità. I 2 FCM sono “innocenti fino a prova contraria”, secondo la presunzione d’innocenza tipica di uno Stato di Diritto, liberale e garantista, ma anche dall’analisi sostanziale dei fatti; lo sono tanto più in quanto non esiste neppure uno specifico capo d’accusa nei loro confronti. Personalmente sono convinto che i due sottufficiali del San Marco siano addirittura estranei a quel sinistro, ma ingannati dagli indiani che, ora, pur di non perdere la faccia, continuano a perseguirli come fossero terroristi: illuminante, a tal proposito, risulta la puntuale ed approfondita analisi dei fatti contenuta nel recente libro “Il segreto dei Marò”, scritto da Toni Capuozzo. Sembra di assistere, invece, ad una farsa, a una tragicommedia degli equivoci e degli inganni, secondo un copione dettato dal “rovescio più che dal Diritto”, in un teatro dell’assurdo con comparse nostrane inconsistenti, in un panorama indiano che si picca di essere una “grande democrazia” ma che, in realtà, fa della illegittimità e dell’arroganza il reale motivo conduttore, in ogni circostanza.
Questa lettera è stata indirizzata a Lei, signor Presidente, quale supplica ideale per un certo numero di motivi; prima di tutto perché ci si aspettano quelle risposte, finora mai date, che appaiono doverose: in primis in quanto garante dei diritti , delle Istituzioni e della nostra Costituzione, nei riguardi di tutti i cittadini; in seconda istanza, atteso il Suo ruolo di Capo Supremo delle FFAA, per la tutela nei confronti del personale con le stellette che serve con disciplina e spirito di servizio, la Patria; il terzo aspetto attiene al rispetto della nostra sovranità, ed alla reputazione internazionale che il nostro Paese deve gelosamente conservare senza mai venir meno alla sua onorabilità. Sotto il profilo dello Stato di Diritto la situazione dei 2 Fucilieri è quanto mai problematica ed emblematica; le angherie e le ingiustizie discendono essenzialmente dal non riconoscimento indiano delle norme che regolano il Diritto internazionale, e anche dei più elementari diritti umani, calpestati a livello individuale, e per le correlate, indebite, sofferenze delle loro famiglie.
Il disagio che ne consegue incide direttamente sulla sovranità del nostro Stato che, pare, abbia alzato bandiera bianca nella tutela di questi due suoi militari, nonostante fossero “coperti” sia dal Diritto internazionale che dalle previsioni della immunità funzionale, valida per tutti i militari che operano in missioni statuali, all’estero: certamente l’Italia non ci ha guadagnato né in reputazione internazionale, né in credibilità di Stato sovrano. Non si entra, infine, nel merito delle valutazioni e delle decisioni del Consiglio Supremo di Difesa, da Lei presieduto, ma onestamente ci si attenderebbe che, di là di qualche dichiarazione di rito, siano prese delle opportune determinazioni e degli indirizzi che riportino in equilibrio, con equità e fermezza, la situazione nei confronti dell’India. Gli spazi sembrano esserci; ma solo un autorevole intervento verso il Tribunale arbitrale, potrebbe risolvere le problematiche latenti: il primo punto, essenziale, riguarda la competenza giurisdizionale che in termini di Diritto Internazionale compete all’Italia, avvalorata ancor più dai farseschi teoremi e falsi contenuti negli specifici Allegati presentati dalla delegazione indiana al Tribunale di Amburgo che hanno suscitato notevoli perplessità e meraviglia da parte dello stesso Tribunale; il secondo, intimamente correlato, riguarda la richiesta avanzata direttamente al Tribunale Arbitrale dell’Aja per far rientrare in Patria, Girone.
Restano altresì valide ed attuabili quelle azioni a suo tempo proposte che, ricercando un forte appoggio dell’ONU e dell’UE sotto la cui egida si contrasta la pirateria, prefigurano la rivisitazione riduttiva del nostro impegno nei teatri, almeno finché non si otterrà un concreto supporto per risolvere la inqualificabile causa dei 2 FCM. Ciò, di per sé, costituirebbe un segnale di enorme portata nei confronti del mondo militare, e anche dei galantuomini civili, sostanziando così quel supporto morale ed il ristoro di quelle tutele indispensabili per tutti i cittadini, e specialmente per le motivazioni e la stessa efficacia dei militari, nelle delicate missioni loro affidate. E, per ultimo, non si può sottacere che da tanta parte dell’opinione pubblica è sentita e invocata la necessità di nominare una Commissione di Inchiesta per chiarire i vari aspetti dell’odissea dei 2FCM, dal loro sequestro, alla loro detenzione illegale, fino al rientro a Delhi, ma soprattutto per fare chiarezza sulla ambigua documentazione depositata dagli indiani presso il Tribunale di Amburgo: un’esigenza ineludibile in termini di etica della responsabilità, e propria di uno Stato di diritto, democratico.
Preme chiarire, inoltre, che tali considerazioni non sono frutto di sfogo o di disagio personale, ma – senza retorica – sono particolarmente avvertite e sentite anche da chi non veste più la divisa, ma col cuore si sente ancora al servizio delle Istituzioni, e soprattutto – sono convinto – da coloro ancora in servizio che svolgono in silenzio le missioni per la nostra Sicurezza e la Difesa della nostra Patria.
Egregio Presidente, mi sono deciso a scriverLe
perché ho avuto la fortuna di conoscerLa personalmente quando – come
Ministro della Difesa – ci fece l’onore di partecipare – nel 2000 – al
Giuramento solenne degli Allievi (quell’anno fu un evento storico per
la presenza, per la prima volta, delle donne…) all’Accademia Navale di
Livorno che, in quel momento, comandavo. Un momento straordinario in cui
Lei, come persona e come Capo famiglia delle Forze Armate, dimostrò di
avere a cuore – più di tutti – noi militari; di questo serbo un ricordo
gradevole, riconoscente ed emozionante e… forse è per questo che Le ho
scritto questa letterina di Natale, con profonda stima e immutata considerazione.
Non mi aspetto che, realisticamente, questa letterina finisca sotto il suo piatto a Natale, ma voglio illudermi che, senza “rompere” l’austero Cerimoniale del Quirinale, gliela facciano pervenire, comunque.
Non mi aspetto che, realisticamente, questa letterina finisca sotto il suo piatto a Natale, ma voglio illudermi che, senza “rompere” l’austero Cerimoniale del Quirinale, gliela facciano pervenire, comunque.
Con i migliori Auguri di un sereno Natale.
Giuseppe Lertora - 23 dicembre 2015
fonte: http://www.liberoreporter.it
Grazie Ammiraglio. Purtroppo non ho decorazioni o quant'altro da restituire, ma nel mio piccolo con scritti e tutt'altro velate accuse mi sono spesso scagliato contro quello stato (in minuscolo) che vanterebbe la più grande democrazia. Purtroppo anche Lei sa benissimo che un tradimento è stato perpetrato nei confronti dei 2 FCM da parte delle nostre istituzioni, ma d'altro canto cosa ci possiamo aspettare da un governo che ha. tra i suoi più alti rappresentanti, un presidente (sempre in minuscolo) che firmò a suo tempo per l'azzeramento delle FFAA.
RispondiEliminaLa ringrazio a nome di tutti coloro che hanno servito e servono lo stato tenendo fede ad un giuramento che hanno sempre considerato come la pietra miliare del loro vita.