A parte inviare ispettori in Italia
per indagare il nostro “razzismo” e accusare Israele di “apartheid”, a
cosa serve il Consiglio dei diritti umani dell’Onu se non a proteggere
le minoranze religiose perseguitate? Allora cosa miseriaccia aspetta
l’Onu a riconoscere il genocidio dei cristiani in Iraq e in Siria?
Il Consiglio per i diritti umani ha appena iniziato la sua terza (e
ultima) sessione dell’anno e il Centro europeo per la giustizia ha
presentato un appello alle Nazioni Unite perché riconosca la
persecuzione dei cristiani come sancito dalla Convenzione sulla
prevenzione del genocidio. Tra l’inizio della guerra in Siria nel 2012 e
il 2017, il numero di cristiani è sceso da 1,5 milioni a 500 mila. Ad
Aleppo, che ospitava la più grande comunità cristiana siriana, i numeri
sono scesi da 150 mila a 35 mila, meno 75 per cento.
Nella cittadina siriana di Mharedh, la scorsa settimana, 9 cristiani
(fra cui quattro bambini) sono stati uccisi da Al Qaida. In Iraq, l’80
per cento dei cristiani se ne sono andati e si prevede che il
cristianesimo in Iraq potrebbe essere annientato entro il 2020, se la
popolazione continuerà a calare.
Parliamo delle più antiche comunità cristiane al mondo, quelle
fondate da San Tommaso e che parlano ancora l’aramaico, la lingua di
Gesù. Parliamo di uccisioni di sacerdoti e vescovi, di fosse comuni con i
cristiani, di chiese distrutte, di comunità sfollate in massa. Sembrano
scene dall’anno 1018, è invece il 2018
di Giulio Meotti - 15 settembre 2018
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