Del
Decreto legge denominato
“Rilancio Italia”
dovremo parlare a lungo, dopo averlo studiato attentamente. Tuttavia,
un giudizio sulla parte del provvedimento dedicata alla regolarizzazione
degli immigrati irregolari c’è ed è pessimo. Per molte ragioni, non
tutte strettamente connesse ai profili tecnico-giuridici della nuova
norma. Nel merito, è nostra opinione che
l’articolo 110-bis del Decreto, introdotto dalla fuorviante dicitura
“Emersione di rapporti di lavoro”,
sia figlio di una chiara scelta ideologica. La sinistra non ha mai
smesso di puntare a stravolgere l’identità della comunità nazionale
mediante l’immissione indiscriminata di gruppi umani provenienti da aree
del mondo esterne al
Vecchio Continente. Non vi era
riuscita negli anni precedenti, quando ha provato a modificare la legge
sulla cittadinanza. E non vi era riuscita anche per il fatto che l’idea
di società multiculturale aperta alle migrazioni di massa cozzasse
contro la pretesa giustizialista di non consentire in via di principio
alcuna forma di sanatoria. La sinistra bacchettona, che ha fatto muro
contro la clemenza di
Stato, che si manifestasse
attraverso le amnistie per i responsabili di reati o mediante i condoni
fiscali ed edilizi, non avrebbe accettato di essere colta in fallo
nell’invocare un’eccezione per gli immigrati.
Eppure, sul colpo di spugna per i clandestini, la sinistra è sempre
stata consapevole di non essere in sintonia con la volontà della
maggioranza degli italiani contrarissimi alle regolarizzazioni.
Tuttavia, la sua forza sta nell’imporre al popolo, in nome del suo
stesso bene, ciò che il popolo non sa di volere. È la
funzione pedagogica dell’ideologia progressista alla
quale la sinistra non può rinunciare, pena la sconfessione della
propria ragione sociale. Come colpire l’obiettivo? Si tratta di cogliere
l’attimo, quando il
Paese è confuso ed è preso da
altre e più importanti incombenze; quando, governando in coalizione con
altre forze politiche, gli alleati sono così deboli da non costituire un
intralcio al perseguimento dei progetti più indigesti. La crisi
pandemica è capitata come il cacio sui maccheroni per assestare quei
colpi che in un momento ordinario della vita democratica sarebbe stato
impensabile piazzare senza sollevare la protesta degli italiani. Quale
migliore occasione del varo del decreto che, a parole, dovrebbe
rovesciare sulle imprese e sulle famiglie un
fiume di denaro, per infilarci dentro la polpetta avvelenata della
regolarizzazione dei clandestini?
Allineamento astrale perfetto: la crisi economica incombente, l’alleato
grillino che ormai si rappresenta come un esercito in rotta, e il gioco
è fatto. Nondimeno, si tratta di un tragico errore di cui pagheremo le
conseguenze negative per molto tempo. Col pretesto di dare una mano
all’agricoltura che ha bisogno di manodopera per non perdere i raccolti
di quest’anno, l’articolo 110-bis del Decreto concede ai datori di
lavoro la possibilità di stipulare contratti di lavoro subordinato con
cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale o di
regolarizzarne la posizione quando siano in essere rapporti di lavoro
irregolari.
La motivazione addotta dalla ministra dell’Agricoltura
Teresa Bellanova
ha del surreale: la misura varata cancellerebbe il caporalato e altre
forme criminali di sfruttamento del lavoro in agricoltura. Ragioniamo.
Dietro la messa in schiavitù dei clandestini ci sono indubbiamente
imprenditori, italiani, senza scrupoli che fanno profitto lucrando sul
costo irrisorio della manodopera. Le organizzazioni criminali hanno
puntato a inserirsi in tale business offrendosi di incrociare la domanda
all’offerta. Si chiama caporalato: dei delinquenti che intermediano
braccia che si offrono a padroni che non vanno per il sottile. La nuova
norma prevede un condono per il datore di lavoro a patto che si denunci e
paghi una penale di 400 euro (comma). Il reo confesso, in cambio del
perdono dello Stato per averla fatta franca, dovrebbe impegnarsi per il
futuro a rispettare le regole sui contratti di lavoro e a pagare una
sorta di obolo penitenziale a compensazione delle somme dovute in
qualità di datore di lavoro per le pregresse inadempienze retributive,
contributive e fiscali.
Somma che non è al momento quantificata ma dovrà essere fissata in un
successivo decreto del ministro del Lavoro, scritto di concerto con il
“ministro dell’Economia e delle Finanze, con il ministro dell’interno ed
il ministro delle politiche agricole e forestali” (articolo 110 bis,
comma 6). Ora, se un imprenditore è un farabutto mai accetterà di
mettere la testa nel capestro. Contando sulla difficoltà degli enti
della
Pubblica amministrazione di assicurare controlli
capillari, continuerà a fare “nero” come è più di prima. A meno che non
colga nelle pieghe della legge l’occasione di fare altro business
illegale. Manco a farlo apposta il Decreto spalanca le porte a tale
opportunità. Il comma 13 dell’articolo 110-bis prevede che all’atto di
presentazione della richiesta di regolarizzazione venga consegnata
all’immigrato un’attestazione che gli consenta il soggiorno in Italia
fino ad un eventuale (si sottolinei eventuale) comunicazione
dell’Autorità di
Pubblica sicurezza. Si torna al
salvacondotto di ottocentesca memoria, ma che sul mercato odierno delle
frodi vale oro per chi lo detiene. Con i mostruosi carichi di lavoro,
infatti, che gravano sugli organismi di Pubblica sicurezza, un immigrato
che ha nelle mani il pezzo carta potrebbe restare nel nostro Paese per
il tempo di durata del contratto di lavoro fittizio (comma 4), magari
continuando a svolgere la sua attività abituale, anche se essa non sia
propriamente legale. Il costo ufficiale della pratica a carico del
lavoratore è al massimo di 30 euro (comma 13). Ripensando a quel tale
disonesto imprenditore che su un quintale di patate ricava scarsi 15
euro, sarà una pacchia mettere in piedi il business dei finti contratti
di lavoro agli immigrati (paganti) che si aggiunge ad altre specialità
di certa agricoltura “noir”: le finte disoccupazioni, le pratiche
manipolate per
l’Agea (Agenzia per le erogazioni in
agricoltura dei premi previsti dalla Pac-Politica Agricola Comunitaria) e
altre mille e una fantasie fraudolente sui fondi comunitari,
riscontrate dalla Guardia di Finanza, su 13mila controlli svolti tra il
2014 e il 2016, in 6 casi su 10 (Fonte:
Senato della Repubblica-Ufficio valutazione impatto).
Naturalmente tutto ciò alla sinistra non interessa. Lo scopo era
aprire la breccia all’afflusso degli immigrati. Il successivo step sarà
quello di investire fondi pubblici per sistemarli abitativamente in modo
permanente e adeguato alla nuova condizione di emersione. Come potrebbe
un lavoratore regolare stare in una baraccopoli? Alla bisogna provvede
il
comma 17: “le amministrazioni dello Stato competenti
e le Regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste
dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in
agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure
urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni
alloggiative”. Dopo il lavoro la casa, quando milioni di italiani da qua
a qualche mese non avranno più un piatto di minestra da mettere in
tavola e forse neppure un tetto sotto cui stare per colpa degli insoluti
con le banche creditrici. E i
grillini che
minacciavano fuoco e fiamme? Loro, i puri e duri del
con-noi-mai-condoni? Hanno calato le brache perché sono stati ricattati
dagli alleati.
Quando sembrava che la
truppa pentastellata
non cedesse sulle regolarizzazioni, a sinistra è cominciata a circolare
la voce che si sarebbe potuto prendere in considerazione la soluzione
prospettata dalla destra di impiegare i fruitori del Reddito di
cittadinanza per i lavori in campagna. Tra i grillini è stato il panico.
Solo immaginare di scomodare gli assistiti di Stato, che essi pensano
costituiscano l’ultima linea di difesa dal crac elettorale, li ha spinti
a piegarsi al progetto della sinistra unita.
Sinistra che ancora una volta ha dimostrato
“per tabulas” che
le divisioni all’interno del suo campo sono solo specchietti per le
allodole. Prepariamoci dunque a reggere il primo impatto della nuova
normativa: la ripresa dei flussi incontrollati di clandestini dal
Mediterraneo meridionale. Quando si spargerà la voce, nelle remote
contrade d’Africa,
che in Italia si è accolti e messi in regola, un’onda gigantesca si
abbatterà sulle nostre coste. Ma non sarà di quelle che stimolano a fare
surf.