Ci
avevano detto che, d’ora in poi, il registro verbale del Presidente del
Consiglio sarebbe stato improntato alla sobrietà ma poi il professore,
quando si tratta di replicare a Matteo Salvini in aula, si lascia
prendere la mano e va in acido. Altro che bon ton istituzionale.
Ci avevano detto che sarebbe stato il Governo della discontinuità ma
poi il Premier è lo stesso, i papaveri del Partito Democratico ci hanno
buttato dentro i loro figliocci e molti ex ministri come Elisabetta
Trenta rischiano di essere imbucati come Sottosegretari.
Ci avevano detto “mai con Renzi”, “mai con il partito degli
inquisiti”, “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno” e poi
si sono trovati Matteo Renzi e Maria Elena Boschi rispettivamente come
“Nostromo” e mozzo dell’attuale maggioranza. Come se non bastasse, Luigi
Di Maio è “positivamente sorpreso dal Pd”. I tempi cambiano.
Ci avevano detto fino a un giorno prima che per il Pd fare
un’alleanza con i Cinque Stelle era un’ipotesi da non prendere nemmeno
in considerazione, ma poi si sono dovuti attaccare al bene del Paese per
non attaccarsi ad altro andando a elezioni.
Ci avevano detto, in occasione delle consultazioni, che l’alleanza
giallo-rossa era anzitutto sodalizio umano e poi rigida intesa sulle
cose da fare, ma poi Luigi Di Maio si convoca i suoi ministri alla
Farnesina e Dario Franceschini se li convoca al Nazareno e comunque ogni
giorno esternano divergenze quasi insanabili. Una roba triste.
Ci avevano detto che il Governo doveva nascere per senso di
responsabilità e per scongiurare un terribile aumento dell’Iva, ma poi
hanno optato per l’opzione “chissenefrega” e quindi l’Iva aumenterà.
Vabbè, mica stiamo a guardare il capello.
Ci avevano detto che l’operato del precedente Governo non sarebbe
stato smantellato, ma poi in tema di sicurezza, di immigrazione e di
economia comanderà il Partito Democratico per cui Giuseppe Conte dovrà
correre a cancellare i tweet in cui, in compagnia del ministro
dell’Interno, festeggiava il “Decreto sicurezza”. Conte si comporta come
se prima di lui ci fosse un impostore a Palazzo Chigi.
Ci avevano detto che il Governo degli annunci sarebbe stato
definitivamente archiviato e che avrebbe trionfato la serietà, ma poi
hanno optato per un programma talmente vago da essere universalmente
indifendibile se non quasi buffo. Sembrano Bergoglio quando straparla la
domenica a Piazza San Pietro.
Ci avevano parlato dell’onestà, ma poi a Marco Travaglio si è
bruciato il computer e non riesce più a trovare il database contenente
tutti gli inquisiti del Pd, partito di cui anzi parla in termini
lusinghieri forse perché non ricorda o, se c’era, dormiva. Brutta bestia
la vecchiaia.
Ci avevano detto anche che il Governo non nasceva sotto dettatura dei
papaveri di Bruxelles e che anzi l’Italia, in tempo di Governo
giallorosso, aveva acquistato nuova credibilità in ambito europeo.
Poi però scopriamo che Paolo Gentiloni è stato nominato sì
Commissario agli Affari economici Ue, ma è sotto tutela dell’ex Premier
Lettone. Avete capito bene, l’ex Premier Lettone. Già perché la novità
fresca fresca è proprio questa: ormai è palese che l’incarico a
Gentiloni è solo l’osso che Ursula von der Leyen ha tirato a Giuseppe
Conte come si fa con i cani ammaestrati.
L’Italia demopentastar andava ripagata per aver marginalizzato la
Lega e per aver fatto nascere la cosiddetta “maggioranza Ursula”. Andava
dato il contentino ad uso e consumo di propaganda interna, ma nulla di
più. E il trattamento ricevuto è stato infatti davvero umiliante: non
creda l’Italia, nonostante sia una potenza economica fondatrice
dell’Unione europea, di stare nelle istituzioni sovranazionali come
tutti gli altri Stati. Gentiloni succede agli Affari economici a Pierre
Moscovici il quale, avendo potestà di vicepresidente esecutivo, era
pienamente titolare del suo portafoglio. Il commissario italiano dovrà
invece riportare a Valdis Dombrovskis – un campione del rigorismo
europeo – che andrà a ricoprire la carica di vicepresidente esecutivo
del gabinetto von der Leyen con precise deleghe agli Affari economici e
che quindi è l’unico vero diretto riporto della presidente appena
insediata (altro che il prestigio per l’Italia restituito da Gentiloni).
E così l’Italia – fondatrice dell’Ue e ottava potenza mondiale per Pil –
dovrà chiedere il permesso all’ex premier della Lettonia, la
novantanovesima potenza mondiale entrata per giunta nell’Unione europea
da soli quindici anni. Un po’ come gli scolaretti quando devono andare a
fare la pipì.
Quindi “quegli splendidi ragazzi del Movimento” hanno fatto una
rivoluzione lunga e fragorosa per farsi mettere la mordacchia da un uomo
di apparato come Giuseppe Conte, per farsi trascinare dalla parte di
Matteo Renzi e degli euroburocrati, per farsi umiliare con incarichi
europei che assomigliano a un contentino e per nominare una vecchia
carampana che risponde al nome di Paolo Gentiloni come loro
rappresentante (dimezzato) in seno alle istituzioni europee.
Una fine triste, indegna e indecorosa quella di farsi normalizzare dal nuovo Kunta Kinte di Ursula von der Leyen.
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