C'è la sentenza del Tribunale dell'Aja ma resta grande incertezza sulla
data del rientro del marò barese Salvatore Girone, dal marzo 2013
obbligato a rimanere a Nuova Delhi. Il governo e il premier Matteo Renzi
elogiano la politica del dialogo con l'India, dimenticando di cogliere i
segnali poco rassicuranti del governo indiano sulla procedura con cui
la Suprema Corte autorizzerà il rimpatrio. È così iniziata una vera
corsa contro il tempo e contro il già circostanziato lassismo indiano:
la Corte di Nuova Delhi, infatti, chiuderà per «vacanze estive» dal 15
maggio al 28 giugno. In meno di due settimane bisognerà incanalare il
dialogo con i magistrati asiatici per ottenere l'autorizzazione al
rientro del fuciliere, evitando la beffa di vederlo congelato altri due
mesi lontano dall'Italia.
Nella sentenza del Tribunale arbitrale è indicata con chiarezza la
strada per sciogliere ogni nodo: «Italia e India devono cooperare, anche
davanti alla Corte Suprema indiana, per ottenere un allentamento delle
condizioni cautelari del sergente Girone - è scritto nel testo
licenziato dai cinque giudici in Olanda - così che possa, in base a
considerazioni di umanità, tornare in Italia, mentre rimane sotto
l'autorità della Corte Suprema indiana durante il periodo
dell'arbitrato». Resta per l'Italia «l'obbligo di restituire il sergente
Girone all'India nel caso lo stesso Tribunale decida (con sentenza,
ndr) che l'India ha la giurisdizione in merito all'incidente dell'Enrica
Lexie».
Sulle misure cautelari provvisorie che riporteranno Girone a Bari,
Italia e India dovranno riferire al Tribunale dell'Aja e perciò è
indicato un termine che l'India potrebbe utilizzare al fine di
procrastinare ogni rapida soluzione: la sentenza «autorizza il
Presidente della Corte arbitrale permanente a chiedere informazioni alle
Parti se tale rapporto non verrà fornito entro tre mesi dalla data di
questa sentenza, e nel caso prendere misure appropriate». I cinque
magistrati, dall'Olanda, hanno anche suggerito di ripetere l'iter delle
garanzie assicurate dall'Italia per il rientro dell'altro marò,
Massimiliano Latorre, in cura a Taranto dal settembre 2014. Così, nel
periodo dell'arbitrato internazionale, l'Italia dovrà assicurare che
Girone si presenti a un'autorità nazionale designata dalla Corte Suprema
indiana a intervalli determinati dalla stessa Corte; il militare dovrà
consegnare il passaporto alle autorità italiane e non potrà lasciare
l'Italia senza il permesso della Corte indiana; l'Italia dovrà informare
la Corte indiana sulla situazione di Girone ogni tre mesi.
Dalla Farnesina Paolo Gentiloni si è sbilanciato: «Le diplomazie
italiana e indiana si stanno già mettendo al lavoro per concordare le
modalità del rientro» di Girone. Il ministro della Difesa, Roberta
Pinotti, coniando «l'Operazione ritorno», ha indicato in modo generico
(«entro qualche settimana») il tempo per la conclusione della trattativa
per il rimpatrio con i magistrati indiani. Il governo ha scelto di
manifestare ottimismo, nonostante le tante incognite. Il passaggio,
infatti, è delicato sia da un punto di vista diplomatico che giuridico:
se per l'Italia il rientro di Girone è una piccola vittoria, in India
l'opinione pubblica, sobillata dai vari partiti perennemente in campagna
elettorale, potrebbe leggere la disposizione dell'Aja come una
limitazione della propria sovranità e spingere la Corte suprema a
rallentare ogni pratica. In questa direzione vanno le dichiarazioni poco
concilianti del ministro delle Comunicazioni indiano, Arun Jaitley: «Il
tribunale internazionale ha ribadito che Latorre e Girone restano sotto
la tutela della Corte Suprema». Insomma nessuna concessione ulteriore è
all'orizzonte e dalla tempistica con cui si consoliderà ogni contatto
si potrà misurare la disponibilità dell'India a riconoscere le ragioni
umanitarie che hanno spinto il tribunale arbitrale a disporre il ritorno
in patria di Girone. L'India, non a caso, aveva commentato
l'anticipazione della sentenza con una frase sibillina: «Interpelleremo
la Corte Suprema a tempo debito». Quando? Entro il 15 maggio o dopo le
«vacanze»?
Non resta che inscenare adesso un «countdown» da parte l'Italia, lo
stesso paese che ha procrastinato colpevolmente l'adozione della
soluzione arbitrale: il governo deve trovare una efficace via
diplomatica per addivenire al nulla osta magistrati di Nuova Delhi
(prima del mese e mezzo di sosta). In caso contrario le vacanze dei
giudici indiani fino alla fine di giugno non sarebbero un copione dei
Vanzina ma la fotografia di una nuova e crudele privazione della libertà
personale per il militare Girone.
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